Tag: vino

  • Olio, Vino, Trallallá… aspettando San Martino. Succedono cose belle a Cantine Cannito il 4 Novembre a Grumo Appula (Bari, Puglia)

    Olio, Vino, Trallallá… aspettando San Martino. Succedono cose belle a Cantine Cannito il 4 Novembre a Grumo Appula (Bari, Puglia)

    Olio, Vino, Trallallá… aspettando San Martino. Succedono cose belle a Cantine Cannito il 4 Novembre a Grumo Appula (Bari, Puglia).

    è un progetto inserito in Lab Dispensa dei Tipicilab.dispensadeitipici.it

    Cantine Cannito vi invita Domenica 4 Novembre 2018 a trascorrere una giornata nella natura, spensierata e divertente, tra ulivi, vigne e tante attivitá.

    Olio, Vino, Trallallá… aspettando San Martino a Cantine Cannito é una festa per tutti i gusti e per tutte le etá, anche per le famiglie con bambini.

    – registrati all’evento Facebook >http://bit.ly/DdTiMlY

     olio vino trallallá

    ━━━ L’IDEA ━━━

    Con il supporto dei partner del Network Dispensa dei Tipici ricreiamo l’atmosfera di una festa per farvi immergere per qualche ora nella natura pugliese, nei suoi colori e nei suoi profumi, lontano dalla frenesia del paese e della cittá.

    Tra musica, balli, mercatini e intrattenimento culturale pensato per grandi e piccini, ci sará spazio anche per le delizie culinarie: carne arrosto, pasta, panzerotti e dolci di mandorla.

    ━━━ IL LUOGO ━━━

    L’evento si svolgerá presso Cantine Cannito, a Grumo Appula (Bari, Puglia) in strada vicinale Macerano, 13.

    indicazioni GPS> 40.960888, 16.703852 (http://bit.ly/DdTiBOB)

    ━━━ INFORMAZIONI PRATICHE ━━━

    Ingresso Libero.

    I vari partner proporranno cibo e bevande durante tutta la giorntata, in abbinamento ai vini di Cantine Cannito.

    É vietato introdurre cibo e bevande dall’esterno.

    info> Cantine Cannito – +39  080 623529 – info@agricolacannito.it

    info> Dispensa dei Tipici – +39  3934628548 – info@dispensadeitipici.it

    ━━━ IL PROGRAMMA DELLE ATTIVITÁ ━━━

    • tutto il giornoVISITE GUIDATE IN CANTINA ED IN FRANTOIO
      – per saperne di piú sulla produzione dei vini e dell’olio di CannitoVINO
      – il Primitivo di Gioia, il Rosato ed il Minutolo: i vini prodotti da Cantine Cannito

      CIBO E BEVANDE
      – orecchiette, cavatelli, panzerotti, bombette di Martina Franca, dolcetti di Mandorla

      MOSTRA MERCATO DI ARTI E MESTIERI
      – per incontrare manualitá e creativitá degli artigiani dei sapori e dei saperi

      I BAMBINI SONO I BENVENUTI
      – truccabimbi, giochi ludici, animazione e spettacolo di micro-magia, sculture di palloncini

      LABORATORI E BALLI
      – con le musiche folk, popolari e tradizionali

    • dalle 11:00 alle 12:30
      EXTRA VERGINE DAL VIVO
      – per assistere nel Frantoio Cannito al ciclo di trasformazione delle olive in olio extra vergine
    • dalle 12:00 alle 13:00
      APERITIVO LETTERARIO
      – degustazioni culturali con i racconti di autori di libri e di poesie
    • dalle 15:00 alle 16:00
      PASSEGGIATA AGRI-CULTURALE
      – quattro passi tra vigne, ulivi ed alberi da frutto, accompagnati da dialoghi sulla bellezza
    • dalle 18:00 alle 21:00
      MUSICA LIVE
      – Rock’n’Roll, per divertirsi chiacchierando, ascoltando, ballando.

    Piú info sulle attivitá:

    – sul sito web http://lab.dispensadeitipici.it

    ━━━ I PARTNER ━━━

    – Cantine Cannito
    – Dispensa dei Tipici
    – arcobaleno in Dispensa
    – Circus Eventi
    – U Panaridde
    – COOLtura on the Road
    – Palazzo Romano Eventi
    – Salumi Martina Franca
    – ISA
    – Masserie Didattiche
    – Nicola e Valeria
    – Mele Caffè
    – I Luoghi di Pitti
    – Bitù PartyPlanner
    – …altre Persone belle!

    Piú info sui partner:

    – sul sito web http://lab.dispensadeitipici.it


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  • Brevissima storia del vino

    Brevissima storia del vino

    Brevissima storia del vino.

    é una news di Sorsi di vino e chiacchierevinobonomipaola.wordpress.com

    Il ritrovamento di alcuni semi risalenti all’anno 8000 A.C. permette di stabilire, anche se non con certezza, il periodo di inizio delle pratiche di viticoltura.

    Di sicuro intorno al 5000 A.C la VITIS VINIFERA compare nella cosiddetta mezzaluna fertile, l’area conosciuta come Mesopotamia.

    Dopo molti secoli i semi della vite migrarono verso l’Europa spinti dal vento.

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    Il vino era riservato ai ceti privilegiati ma non possiamo sapere quale fosse il colore ed il sapore dell’epoca. Il primo popolo a lasciarci testimonianze furono gli Egizi tramite affreschi nelle tombe: ci descrivono pergole basse e con molto fogliame per raccogliere meglio il calore della terra e proteggere i grappoli dal sole intenso.

    La fermentazione veniva eseguita con l’ ebollizione del mosto che era poi conservato in recipienti dal tappo forato in modo da far uscire l’anidride carbonica.

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    In seguito fu la volta degli antichi Greci che diffusero la cultura del vino studiando i tipi di vitigni e le tecniche di vinificazione ed istituendo addirittura delle feste per il dio Dioniso. Omero ci racconta che il vino greco proveniva dall’isola di Lemno era di buona struttura e di gusto fruttato; nella città di Troia si bevevano invece prodotti dell’Asia minore.

    I vini greci dovevano essere molto dolci e forti e perciò venivano tagliati con acqua di mare per dare sapidità o al contrario con miele per dare dolcezza.

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    Sono gli antichi Romani che aprono le porte al vino appena si accorgono che la produzione può significare commercio e quindi denaro. Scrivono della coltivazione della vite parlando soprattutto della qualità, e introducono il concetto di microzona, un’area con clima specifico nella quale produrre un vino di qualità.

    I Romani producevano vino soprattutto al centro e al sud. Secondo loro il vino Falerno o Mignano era immortale, poteva essere conservato fino a 200 anni. Il vino era tagliato con delle bacche (conditum).

    Con l’avvento del Cristianesimo e la decadenza dell’Impero romano il vino assume una funzione sacrale.

    Si arriva al Medioevo dove il vino è un mezzo per ubriacarsi e dimenticare il momento di declino finché, intorno al 1400, i benedettini si cominciano ad occupare del terreno e ad analizzarlo per stabilire quale sia il più adatto alla viticoltura (la Cote d’or viene suddivisa in appezzamenti).

    Nel ‘600-‘700 esplode la produzione di vini di qualità in Francia, nazione che inizia a dettare legge sul modo di coltivare, produrre e commerciare. A nord, nella zona della Champagne, si dice che il monaco dom Perignon abbia creato un metodo di fermentazione in bottiglia (Champenoise). In tempi più recenti si è invece accertato che questa tecnica fu opera di un altro monaco italiano, Francesco Sacchi (XIV secolo).

    L’Italia da questo punto di vista rimane un po’ statica perché contrappone alle teorie degli autori di trattati sulla vitivinicoltura l’arretratezza e l’analfabetismo dei vignaioli.

    Nel 1862 Luis Pasteur scopre le regole della fermentazione. Lo chiama l’imperatore per fargli vedere una vite giunta dall’America ma questa novità nasconde un grave malanno per i vitigni: la fillossera, un afide (parassita) che attacca le radici e lentamente distrugge la pianta europea. Si verifica una catastrofe ambientale e muore la quasi totalità dei vigneti..

    Per rimpiantare i vitigni si adotta la tecnica dell’innesto della marza autoctona (europea) su portainnesti provenienti dall’America, perché la fillossera non sembra gradire le radici americane.

    Restano comunque alcuni pregiati vitigni autoctoni come il prie blanc, il carignano , il fortana, l’ enantio che si sono salvati soprattutto in alta quota o vicino alle zone sabbiose dove non prolifera la fillossera.

    Attualmente l’unico paese al mondo interamente “franco-piede” è il Cile.

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  • Vino novello, macerazione carbonica e beaujolais nouveau

    Vino novello, macerazione carbonica e beaujolais nouveau

    Vino novello, macerazione carbonica e beaujolais nouveau.

      è una news di La Fillosseralafillossera.com

    La tradizione del vino novello si è diffusa anche in Italia, ma sono molte le differenze con il cugino francese beaujolais nouveau.

    Il Beaujolais nouveau o primeur è il vino novello prodotto nella regione francese del Beaujolais che è un’area AOC, ovvero appellation d’origine contrôlée, analoga all’italiana DOC, nei pressi di Lione.

    Wine, carbonic maceration and beaujolais nouveau - vino novello macerazione carbonica - 1-min

    Il vitigno dal quale si ottiene il novello è il Gamay. La tecnica utilizzata per la produzione del novello è la macerazione carbonica.

    In cosa consiste questa tecnica? La macerazione carbonica consiste nel porre i grappoli di uva interi in contenitori di acciaio previamente saturati con anidride carbonica. In assenza di ossigeno gli acini modificano il loro metabolismo iniziando una fermentazione intracellulare (i lieviti presenti sulle bucce, infatti, sono organismi aerobici e per “nutrirsi” di ossigeno penetrano all’interno degli acini). Le bucce cedono alla polpa i propri pigmenti colorati, aumenta la glicerina insieme alla demolizione dell’acido malico e si formano dei composti volatili.

    La macerazione può variare da 5 a 20 giorni circa a una temperatura intorno ai 25°/30°. Successivamente l’uva viene pigiata e il mosto avviato alla normale fermentazione alcolica.

    Wine, carbonic maceration and beaujolais nouveau - vino novello macerazione carbonica - 1-min

    Quali sono le caratteristiche del vino ottenuto con la macerazione carbonica?

    Con questa tecnica si ottiene un vino morbido, con uno scarso contenuto di tannini, nel quale predominano i sentori legati agli aromi primari e un titolo alcolometrico che non supera l’11%.

    Dal punto di vista organolettico il vino novello ha un colore rosso brillante con riflessi violacei, un bouquet aromatico caratterizzato da un fruttato fresco e vivace, di facile beva e poco persistente. Può essere servito fresco e in parte trattato come fosse un vino bianco. Per le sue caratteristiche va consumato in breve tempo, al massimo entro sei mesi dalla messa in bottiglia.

    Il vino novello, in Francia, può essere commercializzato a partire dal 6 novembre e imbottigliato entro il 31 dicembre dell’ anno della vendemmia.

    E in Italia? La tradizione del vino novello si è diffusa anche in Italia, ma sono molte le differenze con il cugino francese. In Italia, infatti, può essere utilizzato qualsiasi vitigno e la macerazione carbonica può riguardare anche soltanto il 40% delle uve. Inoltre dal 2012 il novello può essere immesso sul mercato già dalle 00.01 del 30 ottobre. Il titolo alcolometrico totale minimo al consumo non può essere inferiore a 11% vol. e il limite massimo di zuccheri riduttori residui non deve essere superiore a 10 g/l.

    In linea generale il vino novello italiano è una trovata marketing più che un prodotto della nostra tradizione e non va confuso con il vino nuovo perché, come spiegato, prevede una tecnica di produzione differente.

    Wine, carbonic maceration and beaujolais nouveau - vino novello macerazione carbonica - 1-min

    Lo si accompagna con le castagne per un abbinamento stagionale, ma può accompagnare anche salumi e formaggi non troppo stagionati e aromatici.

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  • Il mosto

    Il mosto

    Il mosto.

      è un articolo di La Fillosseralafillossera.com

    Il mosto è il succo che si ottiene dalla pigiatura o pressatura delle uve.

    Sono centinaia le sostanze che si possono trovare all’interno del mosto, di seguito le principali:

    Acqua 70-80%
    Zuccheri 17-23%
    Acidi organici 0.7-1.1%
    Acido tartarico 0.3-0.7%
    Acido malico 0.2-0.6%
    Acido citrico e altri 0.01-0.03%
    Sostanze minerali 0.1-0.2%
    Sostanze azotate 0.05-0.1%
    Sostanze pectiche,polifenoli, antociani,aromi e precursori 0.02-0.03%

    L’acqua rappresenta la base del mosto dove si trovano disperse tutte le altre sostanze. Lo zucchero è l’elemento che determinerà la quantità di alcol etilico nel vino. Naturalmente tanto maggiore sarò il grado zuccherino tanto maggiore sarà la quantità di alcol etilico. Conoscendo la percentuale di zuccheri presenti nel mosto si può calcolare il titolo alcolometrico del vino utilizzando la seguente formula:

    % in peso degli zuccheri nel mosto * 0,6 (fattore di conversione) = % in volume di alcol etilico nel vino

    L’acidità del mosto è riferita principalmente all’acidità fissa che nel vino conferisce quella sensazione piacevole di freschezza. Dall’elenco precedente è possibile osservare la presenza di acidi cosiddetti volatili (acetico) che insieme a quelli fissi costituiscono l’acidità totale.

    I polifenoli, nelle diverse forme, insieme alle tecniche di vinificazione, sono fondamentali per definire la personalità del vino in termini di colore, struttura, tannicità e longevità.

    Le sostanze odorose che si trovano soprattutto nella buccia, quali terpeni, precursori di aromi e composti solforati, imprimono le caratteristiche aromatiche del vino. Durante la fermentazione questi elementi riescono a slegarsi dalle molecole di zucchero riuscendo a liberare il loro corredo aromatico. I principali sono riconducibili ad un gruppo di alcoli, i terpeni, che sono in parte liberi e in parte glicosilati. Questa trasformazione avviene per opera degli enzimi dei lieviti che scindono l’aroma glicosilato in zucchero e aroma volatile che quindi diventa percepibile dall’olfatto.

    Le sostanze pectiche, presenti nel mosto in piccole quantità, nelle diverse forme quali pectine, gomme, mucillaggini e pentosani hanno la peculiarità di dare al vino la morbidezza. Un esempio molto utile per comprendere gli effetti di queste sostanze sul prodotto finale sono i vini ottenuti da uve attaccate dalla muffa nobile che presentano una maggiore concentrazione di sostanze pectiche che rendono i vini particolarmente morbidi.

    I minerali e soprattutto le vitamine sono “il carburante” dei lieviti e permettono a quest’ultimi di svilupparsi e svolgere al meglio i processi fermentativi. La vitamina più importante e la B1 che ha una funzione acceleratrice per la fermentazione alcolica e evita la formazione di sostanze in grado di legarsi all’anidride solforosa. Le sostanze azotate in forma inorganica (es. i sali d’ammonio) favoriscono il lavoro dei lieviti mentre quelle in forma organica possono determinare torbidità nel vino. Gli enzimi presenti nel mosto aumentano la velocità delle reazioni chimiche.

    Oltre a sostanze che favoriscono la fermentazione nel mosto si trovano molte sostanze “indigene” che possono determinare una scorretta fermentazione e quindi prodotti di qualità variabile. Alcune di queste sono la polifenolossidasi e laccasi, che si trovano principalmente nelle uve attaccate da parassiti fungini e che causano l’ossidazione di alcune sostanze con possibili imbrunimenti del mosto e perdita di freschezza aromatica. Anche le proteasi hanno degli effetti negativi perché causano la rottura delle proteine, liberando amminoacidi e peptidi che vengono facilmente assimilati dagli lieviti.

    Correzioni del mosto

    Le correzioni vengono eseguite principalmente per modificare la composizione del mosto che non sempre risulta ottimale. Hanno il principale obiettivo di far variare, a seconda delle esigenze, la concentrazione zuccherina e l’acidità.

    Aumento del grado zuccherino

    Per aumentare la quantità di zucchero nel mosto si posso utilizzare diversi metodi:

    Taglio con mosti più ricchi di zucchero: metodo quasi in disuso.

    Aggiunta di mosto concentrato rettificato: il mosto concentrato viene ottenuto facendo evaporare una certa quantità di acqua, sottovuoto, per evitare la caramellizzazione degli zuccheri e l’alterazione delle caratteristiche organolettiche. Nelle produzioni di qualità si utilizza esclusivamente mosto concentrato rettificato (MCR) che subisce, rispetto a quanto detto precedentemente, una successiva rettificazione ottenendo una soluzione di acqua e zucchero d’ uva con dei profili sensoriali che rimangono inalterati.

    Aggiunta di zucchero: l’aggiunta di zucchero non è consentito in Italia, a parte sui vini liquorosi, mentre in alcune zone dell’ Europa del nord può essere utilizzato.

    Aggiunta di mosto muto o di filtrato dolce: ottenuti rispettivamente attraverso l’aggiunta di un’elevata quantità di anidride solforosa per bloccare la fermentazione e attraverso la centrifugazione e filtrazione di un mosto parzialmente fermentato con un contenuto zuccherino del 18-20%.

    Aumento dell’acidità

    L’aumento dell’acidità del mosto viene fatta attraverso l’addizione di acido tartarico. Il livello di acidità è molto importante perché, durante la fermentazione, gli acidi vengono trasformati e questo può causare una diminuzione della vivacità del colore e della percezione di freschezza gustativa. Inoltre l’ acidità protegge il mosto da malattie batteriche e fungine.

    Diminuzione dell’acidità

    Questa attività è molto rara e viene eseguita addizionando sali come il carbonato di calcio, tartrato neutro e il bicarbonato di potassio. Questa pratica è auspicabile per mosti ottenuti da uve prodotte in annate fredde e quindi che non hanno raggiunto un perfetto stato di maturazione.

    Osmosi e osmosi inversa

    Questi metodi, molto costosi, vengono applicati per apportare delle diminuzioni o degli aumenti delle sostanze (zuccheri e acidi) senza alterare le caratteristiche sensoriali del mosto. Il principio su cui si basano è l’utilizzo di una membrana semitrasparente che ha la proprietà di far passare, nel caso dell’osmosi, una parte di liquido meno concentrato verso il liquido più concentrato e nel caso dell’osmosi inversa una parte di liquido con concentrazione maggiore verso il liquido con una concentrazione minore. Nel primo caso si ottengono mosti meno concentrati e nel secondo caso mosti più concentrati.

    Concentratori con evaporatore a freddo sottovuoto spinto

    Questo metodo è andato diffondendosi negli ultimi anni grazie alla qualità del prodotto finale con un notevole aumento delle sostanze estrattive. Inoltre l’apparecchiatura utilizzata ha un ingombro minimo ed è molto facile da utilizzare. La modalità di lavorazione consiste nel privare il mosto della parte solida e inviarlo in un piccolo serbatoio, all’interno del quale si crea una depressione spinta che fa evaporare l’acqua pura ad una temperatura tra i 22 e 24 °C.

    Trattamenti del mosto

    Il mosto prima di passare alle fasi di vinificazione viene sottoposto a diversi trattamenti che hanno lo scopo di favorire la fermentazione, di esaltare le sue caratteristiche e di evitare effetti sgradevoli dovuti a batteri o muffe. Di seguito analizzeremo i diversi trattamenti:

    Illimpidimento

    viene fatta attraverso sostanze chiarificanti come la gelatina o bentonite, la caseina o il gel di silice e successivamente con centrifugazioni o delicate filtrazioni. Queste attività permettono la chiarificazione del mosto, favorita anche dal raffreddamento che permette alle parti solide di precipitare sul fondo dei serbatoi. La refrigerazione viene ottenuta con dei serbatoi coibentati, a doppia parete, all’interno delle quali circola una soluzione refrigerante.

    Decantazione

    un trattamento che viene eseguito per illimpidire il mosto senza l’ausilio di chiarificanti. Il trattamento viene fatto facendo raffreddare il mosto a temperature da 6 a 10 °C per diminuire la solubilità delle particelle solide e favorire quindi la precipitazione. Questo trattamento può essere fatto utilizzando enzimi pectolitici che permettono una precipitazione più mirata sempre senza l’ausilio di sostanze chiarificanti che possono alterare le caratteristiche sensoriali del mosto.

    Aggiunta di anidride solforosa

    è il trattamento maggiormente utilizzato e consiste nell’addizionare il mosto di metabisolfito di potassio. La quantità di anidride solforosa che viene impiegata dipende dalla carica batterica e dagli effetti che si vogliono ottenere; essa, grazie alle proprietà antiossidanti, limita i danni causati dall’ossigeno e dagli enzimi ossidativi riducendo i fenomeni di imbrunimento; favorisce la chiarificazione; inibisce lo sviluppo dei batteri e dei lieviti selvaggi favorendo quelli ellittici e selezionati e favorisce la solubilizzazione delle sostanze polifenoliche presenti nella buccia.

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    Tipi di mosto

    Il mosto può essere sottoposto ad ulteriori trattamenti che danno luogo a vari prodotti utilizzati nel settore vinicolo.

    Mosto di uve parzialmente fermentato

    Si ottiene per parziale fermentazione di mosto di uva e avente TAV effettiva superiore a 1% in volume e inferiore ai tre quinti del suo TAV totale (quello che raggiunto a totale trasformazione degli zuccheri in alcol).

    Mosto di uve concentrato

    Il mosto di uve concentrato si ottiene per disidratazione parziale con mezzi fisici escluso il fuoco diretto (che produrrebbe la caramellizzazione degli zuccheri) in modo che il valore indicato dal rifrattometro, alla temperatura di 20 °C, non sia inferiore al 50.9%. I mezzi più usati per ridurre la percentuale di acqua e ottenere la concentrazione sono l’evaporazione sotto vuoto, la refrigerazione con la successiva asportazione dell’acqua sotto forma di ghiaccio. Il mosto di uve impiegato deve avere un TAV naturale minimo fissato per la zona viticola di raccolta e appartenere a specifiche cultivar. Il suo TAV effettivo deve essere pari o superiore a 1% vol.

    Mosto di uve concentrato rettificato (ZUI)

    Il mosto di uve concentrato rettificato (ZUI) è il prodotto liquido non caramellizzato ottenuto mediante disidratazione parziale del mosto di uve. Effettuata con qualsiasi metodo autorizzato, escluso il fuoco diretto, in modo che il valore indicato dal rifrattometro, alla temperatura di 20 °C, utilizzato secondo un metodo da stabilirsi, non sia inferiore a 61,7 %. Il mosto concentrato rettificato è da considerarsi un prodotto privato di tutte quelle sostanze naturali, diverse dallo zucchero e dall’acqua, che potrebbero apportare modifiche organolettiche al mosto a cui viene addizionato. Il suo impiego permette di non sottoporre sia mosto sia il vino ad ulteriori procedure di correzione garantendo vini di una certa qualità.

    Mosto muto

    Il mosto muto è un mosto a cui è stata aggiunta anidride solforosa allo scopo di bloccarne la fermentazione. Viene detto “muto” proprio per l’assenza del gorgoglio tipico del processo fermentativo.

    Mosto cotto

    Mosto parzialmente caramellato ottenuto mediante eliminazione di acqua dal mosto o dal mosto muto utilizzando il riscaldamento diretto alla normale pressione atmosferica. La concentrazione zuccherina risultante è soggetta a misura con densimetro Babo o Baumé, ovvero tarato su di una ben precisa temperatura di lettura. Se la temperatura di lettura si discosta da quella di taratura occorre inserire un coefficiente di correzione.
    Filtrato dolce. Mosto parzialmente fermentato, la cui ulteriore fermentazione è stata ostacolata mediante filtrazione o centrifugazione, e con l’ausilio eventuale di altri trattamenti e pratiche consentiti.

    Mistella o sifone

    Prodotto ottenuto dal mosto di gradazione alcolica complessiva naturale non inferiore a 12°, reso non fermentabile mediante aggiunta di acquavite di vino o alcol in quantità tale da portare la gradazione alcolica svolta (quantità percentuale in volume di alcol effettivamente presente) tra 16% e 20% vol.

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  • Abbinamento cibo-vino – parte 1

    Abbinamento cibo-vino – parte 1

    Abbinamento cibo-vino – parte 1

    Articolo tratto da milaewines.it by Mihaela Cojocaru

    Sono in molti a provare a fare il perfetto abbinamento cibo-vino perdendo di vista gli aspetti della semplicità e del piacere di abbinare il cibo al vino.

    Io credo che il 10% degli abbinamenti si possa definire fantastico, mentre il 10% non funziona affatto. L’ 80% per cento è nella norma, quindi tutto ok. Perciò non è necessario stressarsi nella ricerca del migliore abbinamento cibo-vino.

    Il fatto è che se ti piace il cibo e ti piaciono i vini si potrebbe verificare il rischio che  l’abbinamento potrebbe non soddisfarti, mentre se non ti piace il vino o il cibo il rischio che si corre è che la combinazione non risulterà brillante così come te l’aspettavi!

    Ci sono tante guide sull’abbinamento cibo-vino che potresti considerare però: è un’esperienza personale ed è impossibile trovare un combinazione che soddisfi tutti. Però è possibile conoscere alcune caratteristiche naturali per provare a capire ciò che soddisferà la maggior parte delle persone.

    Nell’abbinamento cibo-vino una parte è scienza, due parti è magia 🙂

    Prima di entrare nel merito in tema di abbinamenti, mi piacerebbe spiegare come le differenti parti che compongono il vino lavorano insieme. Avete sempre sentito parlare di vino equilibrato, però molti non conoscono davvero cosa sia e non sanno che anche il cibo cambia l’equilibrio del vino, quindi meglio capire com’è fatto e quali sono le caratteristiche di un vino.

    Se si aggiunge un po’ di zucchero ad un vino acido, lo zucchero aumenta e l’acidità diminuisce. Ecco le cose belle del vino: zucchero, frutto e corpo, che rappresentano un lato della medaglia. Ecco invece le cose brutte del vino: tannini, acidità e calore dell’alcool, che rapresentano l’altro lato della medaglia.

    Bene, se aggiungo zucchero al vino, lo zucchero sale ma migliora anche il frutto e la corposità. La percezione dell’acidità scende, anche se il livello effettivo non cambia, così come non cambiano i tannini e l’alcool.

    Se aggiungo un po’ di succo di limone al mio vino, succederà la cosa opposta di quanto appena letto.  L’acidità sembrerà aumentata, aumentando di conseguenza anche i tannini e la sensazione dell’alcool.  L’acidità “maschera” lo zucchero, portando verso il basso il sentre fruttato, rendendo così il vino meno corposo, più scarico. Ecco perchè i vini meno corposi sono più difficili da “comprendere”.

    Mangiando il cibo, succede la stessa cosa. La tua bocca, il tuo gusto, ad un certo punto la si abitua a certi sapori.

    leggi anche Abbinamento vino-cibo – parte 2

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  • La mineralità del vino è una metafora

    La mineralità del vino è una metafora

    La mineralità del vino è una metafora.

    Articolo tratto da vinopigro.it di Elisabetta Tosi

    Sono tempi interessanti, questi, per un filosofo…

    C’è chi ha bandito il termine dal suo vocabolario di descrittori del vino, chi invece continua ad usarlo, nella convinzione di venir comunque capito da tutti,  e c’è chi non si rassegna alla fumosità del concetto e insiste a ricercarne una spiegazione in qualcos’altro. Sì, parliamo di mineralità del vino, quella strana cosa che sfugge alle canoniche classificazioni di profumi-gusti fruttati/speziati/floreali/terziari eccetera. In breve: quando il vino ci ricorda qualcosa, ma non sappiamo dire con precisione che cosa, scartate tutte le consuete descrizioni, alla fine, di solito, lo si definisce minerale .Per questo, personalmente, non sono così ostile alla parola: in mancanza di meglio, è solo un modo (vago, generico) di chiamare qualcosa che non è né fruttato, né speziato, eccetera).

    Non sono solo i comuni mortali e gli addetti ai lavori ad essere incuriositi da questo odore/sapore; anche i Master of Wine lo sono, al punto da tenere un’apposita sessione di studio in proposito e di cui riferiscono nei dettagli le Scimmiette del Vino.

    In breve:

    • I minerali presenti nelle rocce dei suoli su cui crescono vigne non si trasmettono alle piante. Nè ai loro grappoli. E tantomeno al vino finale. I minerali che servono alla sua sopravvivenza la vite li trae dal suolo, anzi dall’humus;
    • Come qualcuno ha già ipotizzato, i minerali in se’ e per se’ non sanno di niente. La selce non ha odore, nè sapore. Ciò che noi etichettiamo come “odore di selce” in realtà potrebbe essere il frutto di un’azione meccanica (lo sfregamento, per dire) che libera nell’aria particelle di zolfo e ferro, che un po’ di odore in effetti ce l’hanno.
    • Conclusione: boh? “Qualunque cosa sia la mineralità del vino, non è il gusto dei minerali presenti nella vigna”

    Come se ciò non bastasse, quando si parla di mineralità del vino l’accordo, in realtà, è solo apparente. Per gli enologi significa tutto e niente – alcuni di loro, intervistati nel corso di una ricerca, sono arrivati a presentare 17 gruppi di termini, che andavano dal floreale alla polvere da sparo – e i consumatori finali ne hanno un concetto ancor più vago. Alla fine, si è concluso che la mineralità è un concetto che esiste (in quanto viene usato), ma che non gode di una definzione precisa e univoca, perchè i termini usati per descriverla sono troppi e spesso contraddittori.

    A questo punto, non c’era altro da fare che mettere in campo l’illuminata conoscenza di un gruppo di Maestri del Vino, ai quali sono stati sottoposti in degustazione cieca 15 vini bianchi, tutti – nell’immaginario collettivo – definibili come “minerali”. Complice – presumiamo – la diversa sensibilità dei partecipanti a quella caratteristica, alla fine nemmeno i MW hanno dato prova di unanime consenso. Dire che un vino è minerale non significa granchè, hanno convenuto alla fine.

    Morale? Non è chiaro a che cosa si possa attribuire ciò che noi chiamiamo “mineralità” di un vino, e non è chiaro nemmeno cosa s’intenda, alla fine, per mineralità.

    Forse è una metafora (dei nostri tempi confusi). Oppure, come ha insinuato qualcuno, è solo un modo (l’ennesimo) per confondere le idee ai poveri, ignari consumatori…

    P.s: forse la miglior definizione di mineralità l’ha data la scienziata del suolo Lydia Bourguignon: “la mineralità è la percezione che ha il palato delle rocce del suolo”, anche se così dicendo s’introduce un nuovo, ulteriore elemento di discussione: il concetto di percezione…

    Sì, sono tempi interessanti, per un filosofo.

    (nella foto, un #crurock di calcare bianco da un cru della Valpolicella)

    Immagini by vinopigro.it

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  • Perchè nel mondo si usa la bottiglia da 75 cl?

    Perchè nel mondo si usa la bottiglia da 75 cl?

    Perchè nel mondo si usa la bottiglia da 75 cl?

     è un articolo di Vinoway – vinoway.com

    Sono molti i quesiti che ci poniamo sulle dimensioni delle bottiglie di vino, ma quella più frequente è: Perchè nel mondo si usa la bottiglia da 75 cl?

    Tutto ebbe inizio nel 1975 quando la Direttiva Europea sugli imballaggi (Dir. 75/106) decretò che il vino poteva essere messo in commercio solo in recipienti da 25/37,5/50/75cl, rendendo quest’ultimo il formato più comodo sia per l’azienda produttrice che per il consumatore finale.

    Esistono anche altre teorie sull’utilizzo di questa dimensione.

    Si pensa che nel 1700, da quando si cominciò a conservare il vino in bottiglie, la capacità polmonare di un soffiatore di vetro riusciva a realizzare recipienti da 60 a 75cl in un solo colpo.

    Altri pensano sia legato all’unità di misura in quanto 757 ml sarebbe 1/5 di gallone, unità di misura molto usata nei paesi anglosassoni, nei quali ha costituito per tanto tempo la dimensione per vini e liquori.

    Infine perchè 75 cl corrispondono a 6 bicchieri di vino da 125 ml, sebbene oggi siano molto utilizzati calici da degustazione di dimensioni ben maggiori.

    Sul mercato, ad oggi, troviamo bottiglie che pur avendo la stessa dimensione (75cl) hanno diverse caratteristiche come ad esempio la forma, la consistenza del vetro, il colore per proteggere il vino dalla luce e la diversità di formato per preservare caratteristiche e tipicità.

    Le bottiglie da 75 cl, inoltre, sono le più diffuse in quanto le strutture per tenerle sono più facilmente costruibili, sono facili da trattare e si adattano meglio al trasporto.

    La Direttiva europea sugli imballaggi, oggi, ammette anche le seguenti capacità:

    Mezza: di capacità pari a 0,375L.

    Litro: di capacità pari a 1L.

    Magnum: di capacità pari a 1,5L equivalente a 2 bottiglie 75 cl.

    Jéroboam: di capacità pari a 3L equivalente a 4 bottiglie 75 cl.

    Réhoboam: di capacità pari a 4,5L equivalente a 6 bottiglie 75 cl.

    Mathusalem: di capacità pari a 6L equivalente a 8 bottiglie 75 cl.

    Salmanazar: di capacità pari a 9L equivalente a 12 bottiglie 75 cl.

    Balthazar: di capacità pari a 12L che equivalgono a 16 bottiglie 75 cl.

    Nabuchodonosor: di capacità pari a 15L equivalente a 20 bottiglie 75 cl.

    Melchior: di capacità pari a 18L equivalente a 24 bottiglie 75 cl.

    Primat: di capacità pari a 27L equivalente a 36 bottiglie 75 cl.

    Melchizedec: di capacità pari a 30L equivalente a 40 bottiglie 75 cl.