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  • LA DIETA MEDITERRANEA E LA BIODIVERSITA’

    LA DIETA MEDITERRANEA E LA BIODIVERSITA’

    LA DIETA MEDITERRANEA E LA BIODIVERSITA’

    Consumare vari tipi di frutta e ortaggi arricchisce la nostra dieta di sostanze essenziali e biologicamente attive capaci di prevenire numerose patologie.

    neu nuovo e utile

    é una news di www.biodiversitapuglia.it

     Ancel Benjamin Keys, il biologo statunitense che scoprì i benefici della dieta mediterranea, nel 1993 segnalò che «la Dieta Mediterranea è principalmente vegetariana, cioè: pasta in varie forme, foglie condite con olio di oliva, verdura di stagione di tutti i tipi, spesso anche formaggio, ed ogni pasto termina con frutta e viene frequentemente integrato con vino».

     E aggiunse: «Io dico “foglie”. (…) tutti i tipi di foglie sono una parte importante della dieta di ogni giorno. Vi sono molti tipi di lattuga, spinaci, bietole, portulaca (…), indivia e rape».

      Ancel Benjamin Keys sottolineava così l’importanza della biodiversità anche nel piatto.

     Consumare vari tipi di frutta e ortaggi arricchisce la nostra dieta di sostanze essenziali e biologicamente attive capaci di prevenire numerose patologie.

     Completa il nostro fabbisogno di nutrienti.

     Arricchisce di colori e storie il nostro menù.

     Preserva dall’estinzione i prodotti della nostra terra.

     Ci migliora.

    Scritto da Pietro Santamaria per il progetto Biodiverso;
    (link: www.biodiversitapuglia.it)

    neu nuovo e utile
    La principale finalità del progetto integrato BiodiverSO è quella di contribuire a raggiungere una significativa riduzione del tasso attuale di erosione della biodiversità delle specie orticole pugliesi.

    Puoi leggere tutte le news, le informazioni e le ricerche del progetto Biodiverso – Biodiversità delle specie orticole della Puglia.
    (link: www.biodiversitapuglia.it)

    É un progetto di ATS “RETE PER LA BIODIVERSITÀ DELLE SPECIE ORTICOLE IN PUGLIA” “BIODIVERSO
    (link: www.biodiversitapuglia.it)

    foto  
    (link: www.dispensadeitipici.it)

    www.tipici.news

    #Tipici
    #Puglia #Basilicata

  • Mettete degli alberi nei vostri programmi

    Mettete degli alberi nei vostri programmi

    Mettete degli alberi nei vostri programmi.

     è una news di BiodiverSO biodiversitapuglia.it

     Dovremmo smetterla di costruire strade e palazzi, dovremmo recuperare il recuperabile e piantare soprattutto alberi.

    Qualche giorno fa il quotidiano Repubblica ha riportato in prima pagina, in bella vista, la foto di una strada nel verde, in un autunno a Berlino, con il titolo “Solo gli alberi salveranno le città dallo smog”, mentre su Lancet sono stati pubblicati i risultati di una ricerca che dimostra che nel 2015 l’inquinamento ha causato 9 milioni di morti. Repubblica ha riportato nell’occhiello che “far rinascere le foreste distrutte eliminerebbe l’inquinamento di 650 milioni di auto”.

    E noi invece continuiamo a distruggere terreni naturali, cementificandoli e impermeabilizzandoli (ogni giorno in Italia vengono impermeabilizzati 100 ettari di terreni naturali).

    In passato, tanti tempo fa, i “signori”, tra i piaceri che si procuravano, vantavano anche quello di avere fuori le mura della città un podere, in cui potessero trovare tutto ciò che costituiva la cosiddetta “soddisfazione di famiglia”. Da ciò venne fuori il nome di “giardino”, luogo di delizia e di piacere, che tutt’oggi si conserva inalterato nel nome in vernacolo di sciardine o ciardine (Sada, 1991). Oggi c’è una discreta rivalutazione dell’orto che, con l’espansione delle città, la sottrazione delle frange urbane, le distanze che si sono create tra il centro e le periferie (e la campagna), è stato (re)introdotto nell’area urbana con funzioni non più per i “signori” ma per i cittadini, con finalità economiche, sociali, culturali, educative, ricreative e terapeutiche.

    Troppo spesso queste finalità sono esposte più per moda e consuetudine che per reale comprensione di quello che sta accadendo nel mondo.

    Dovremmo smetterla di costruire strade e palazzi, dovremmo recuperare il recuperabile e piantare soprattutto alberi.

    mettete degli alberi nei vostri programmi put trees in your programs copertina

    In vista di una prossima elezione, comunale, regionale, nazionale, provate a vedere quali impegni prenderanno i candidati in questa direzione. Sembra tutto semplice, anche questo discorso, ma intanto il verde diminuisce e il cemento (anche quello delle parole) aumenta.

     + info su BiodiverSO

     + notizie ed info “firmate” Biodiverso

  • 18-26 Maggio 2017 | Settimana della Biodiversità Pugliese | BiodiverSO + Partner | @Puglia, Italia

    18-26 Maggio 2017 | Settimana della Biodiversità Pugliese | BiodiverSO + Partner | @Puglia, Italia

    18-26 Maggio 2017 | Settimana della Biodiversità Pugliese | BiodiverSO + Partner | @ Puglia, Italia

    è un evento di BiodiverSO

    Settimana della Biodiversità Pugliese dal 18 al 26 maggio 2017

     @ Puglia, Italia.
    Info: biodiversitapuglia.it

    La prima Settimana della Biodiversità Pugliese di interesse agricolo e alimentare dal 18 al 26 maggio 2017.

    La settimana dedicata alla biodiversità in Puglia, tra mostre, convegni, presentazioni di libri, visite guidate ai campi e alle aziende agricole, tra laboratori didattici e tanto altro, celebra la “Giornata nazionale della Biodiversità”, alla riscoperta delle antiche varietà coltivate, fondamento delle tradizioni alimentari e della storia rurale pugliese.

    Tutelare e difendere la biodiversità agraria significa preservare il paesaggio rurale, custodire la conoscenza e tramandare storie millenarie, per consegnare questo patrimonio alle future generazioni.

    info su BiodiverSO

  • Mangia che ti fanno bene.. le fave

    Mangia che ti fanno bene.. le fave

    Mangia che ti fanno bene.. le fave.

    Articolo tratto da biodiversitapuglia.it di Antonella Berlen

    Mangia, che ti fa bene, sollecitava pazientemente la nonna, mentre piccina, davanti a una minestra di zucca e fave con la buccia.

    Facevo vagare con ostinata lentezza il mio cucchiaio per il fondo buio e denso del piatto, nell’impresa di allontanare tutti i pezzi di zucca dallo sgradito contatto con le fave dal nasello inquietante, e dai sospetti pezzi di aglio che lucevano, pallidi, sotto numerosi giri di olio.

    Quella minestra proprio non riuscivo a mandarla giù. E non mi era nemmeno chiaro come potesse farmi tutto quel bene di cui era convinta la nonna, che, sicuro, pensavo mentisse spudoratamente per convincermi a mangiarne.

    Quando ci penso mi rivedo, in un dipinto di contadini al desco, illuminata da una luce fioca, con gli occhi alla carta moschicida che pendeva dalla lampada, a cercare di contare quante mosche, volando volando, avvicinandosi alla luce, ne restassero imprigionate.

    E guardandole, a spingere cautamente il piatto verso il centro del tavolo, nella speranza che qualche fortunata, nel tentativo di staccarsi, perdesse un’ala e vi precipitasse dentro, salvandomi da quella minestra.

    Ma la carta moschicida era micidiale e quell’evento, mortificando le mie aspettative, non si verificava mai.

    E anche se fosse accaduto, ripensandoci, non sono proprio certa che la nonna avrebbe passato, al cane o alle galline, il pasto non gradito.

    La nonna avrebbe ripescato la povera mosca e il piatto sarebbe rimasto a tavola. Anche se in quel caso avrei potuto motivare il rifiuto di mangiarne e chiedere in sostituzione pane e formaggio…

    Ma come facevo a confessare che non riuscivo a riempire quel cucchiaio perché mi facevano paura le fave? E che era a causa di quelle loro labbra sottili e ricurve che mi rendevano vivo e ghignante il legume che mi guardava dal piatto, che non mi decidevo a portarlo alla bocca?

    Con gli occhi fissi sul piatto, mi limitavo a dirle: non mi piacciono!

    E la nonna, a rispondere: ma se non le hai ancora assaggiate.

    Ed io, a chiudere quel risicato scambio di parole: lo so e basta!

    A quel punto, la nonna, con un gran sospiro, si convinceva ad eliminare le fave, che erano quelle che mi facevano meglio di tutto, ed io, sgocciolandoli per bene dal fondo di cottura, recuperavo tutti i pezzi di zucca e li mangiavo.

    Sapevano di tegame di terracotta. Di olio e di aglio. E di fave.

    E non erano niente male, ma io, nonostante cominciassi segretamente a familiarizzare con quel sapore, seguitavo a mangiare con lentezza accompagnata da aria di grande costrizione, per dimostrare, nonostante la rimozione del legume, tutto lo sforzo che mi costava accontentarla.

    Così, piano piano, attraverso il sapore mediato e veicolato da quei pezzi di zucca, dopo aver contrattato l’eliminazione del nasello, ho imparato, crescendo, ad accettare il piatto completo e ad apprezzare quella solida e preziosa minestra.

    E ho capito, a distanza di tempo, che la nonna non mentiva incitandomi a mangiare quel piatto di fave e zucca e che il suo convinto e affettuoso, mangia che ti fa bene, a qualunque alimento si riferisse, aglio, zucca o fave con la buccia, tutti prodotti della sua campagna, era convinto, sincero e consapevole.

    La nonna curava amorevolmente i suoi campi mentre il nonno era in America e ci teneva particolarmente che mangiassi le fave perché, da brava contadina qual era, ne conosceva e apprezzava per esperienza, sia il sapore che tutte le proprietà benefiche.

    Erano facili da coltivare e facevano bene al terreno, potevano essere gustate fresche e verdoline in primavera, dopo averle tirate fuori dalla buccia, da sole o accompagnate da pane e formaggio di pecora, e secche in inverno, con la buccia o senza, in zuppe e minestre saporite, cotte sotto la cenere o fritte.

    La nonna non conosceva sicuramente termini quali azoto, sali minerali, acido folico, potassio, antiossidanti, steroli vegetali e fibre alimentari, né i nomi di tutti i minerali contenuti in quelle fave, e neanche da quanto tempo esistevano su questa terra e da dove arrivavano. Le bastava sapere che c’erano, ed erano ottime da cucinare e utili ad “andare di corpo” con regolarità, a mantenere bassa la pressione corporea e, ricche di ferro com’erano, a curare le anemie. Cosa si poteva volere di più da una fava?

    Ogni bravo contadino, all’epoca, aveva dentro di sé un navigato farmacista naturale, esperto non in cosa contenessero determinati cibi o erbe, ma per cosa fossero utili, a curare o a prevenire.

    E la nonna era una buona contadina.

    E il suo mangia, che ti fa bene, ci stava proprio tutto.

    Ma chissà cosa avrebbe pensato, se in un momento di fantasiosa premonizione infantile, con il piatto davanti, le avessi svelato che quelle fave avrebbero percorso tanta strada, e a 50 anni di distanza sarebbero arrivate in alto, ma molto più in alto di qualsiasi altro legume contemplato nelle favole.

    Perché una principessa coraggiosa e determinata avrebbe viaggiato tra stelle, pianeti e buchi neri, e all’interno di un castello volante costruito con fibre di acciaio delle più forti, si sarebbe mossa tranquilla e attenta nello spazio silenzioso, portandosi dietro fagioli, lenticchie, fave e ceci neri, a conferma delle sue sane abitudini alimentari e del fatto che, nelle favole, tra principesse e legumi c’è sempre stato un certo feeling.

    La nonna mi avrebbe ascoltata con la sua santa pazienza e pur non essendo in grado di cogliere l’opportunità scientifica di tale rivelazione, avrebbe approfittato dell’utilità immediata della mia fantasia, e sull’orlo dell’esasperazione avrebbe concluso: Hai visto?

    Se l’è portate perché fanno bene!

    Quindi, smettila di fare tutte queste mosse, e mangia!

    La nonna metteva a “bagno “, le fave, in abbondante acqua, la sera.

    Il mattino successivo le passava, dentro “u’ pignatidd”, che sistemava in un angolo del camino destinato alla cucina, con foglie di alloro, grani di pepe e acqua.

    Quindi tagliava dalla parte centrale di una grossa cipolla una fetta bella alta e la sistemava sulla bocca del tegame.

    Non mi sono mai chiesta se lo facesse per sostituire un coperchio andato in pezzi, oppure per approfittare del vapore e cuocere anche la cipolla, che poi mangiava a parte, condita con olio e sale.

    Ogni tanto andava a controllare la cottura e, aggiungeva, se necessario, altra acqua calda, che teneva di riserva, in un pentolino. Poco prima che arrivassero a cottura regolava di sale.

    Nel frattempo cuoceva la zucca, tagliata a pezzi non troppo piccoli, e la teneva da parte, in un piatto coperto da un altro piatto, sotto un telo.

    Pronte le fave, le tirava fuori dall’acqua e le aggiungeva alla zucca, aggiustava di sale, se necessario, e completava il tutto con uno spicchio d’aglio a piccoli pezzi e un generoso giro d’olio di oliva.

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  • Orecchiette integrali con cavolo broccolo, funghi cardoncelli, olive Termite di Bitetto e profumi di mare

    Orecchiette integrali con cavolo broccolo, funghi cardoncelli, olive Termite di Bitetto e profumi di mare

    Orecchiette integrali con cavolo broccolo, funghi cardoncelli, olive Termite di Bitetto e profumi di mare.

    Ricetta pubblicata su biodiversitapuglia.it

    autore Maria De Tullio

    Categoria

    Primo piatto

    Numero persone

    4

    Tempo preparazione

    50 minuti

    Ingredienti

    • 1 kg di cavolo broccolo
    • 400 g di orecchiette integrali o orecchiette biologiche di farina integrale
    • Funghi cardoncelli
    • Olive Termite di Bitetto
    • Tentacoli di calamaro
    • 3-4 sarde
    • Aglio
    • Peperone Corna di capra di Monteleone
    • Foglie di basilico
    • Olio extra vergine di oliva
    • Pane grattugiato

    Procedimento

    Lavare il cavolo broccolo precedentemente pulito e ridotto in cimette, utilizzando anche la parte centrale del gambo, affettato e privato della parte esterna coriacea. Pulire i funghi cardoncelli, eliminando accuratamente il terreno, lavarli e ridurli a listarelle.

    In una pentola dai bordi alti portare a bollore acqua salata e aggiungere le cimette e le foglie di cavolo broccolo, insieme alle fettine di gambo. Cuocerle per qualche minuto dopo la ripresa del bollore e allontanarle con una schiumarola.

    Nell’acqua di cottura del cavolo broccolo versare le orecchiette integrali e attendere il tempo di cottura.

    Intanto pulire i tentacoli dei calamari e 3-4 sarde, privandole della testa e delle interiora, eliminando la lisca centrale e dividendole in due filetti. Scaldare in una padella un filo d’olio e.v.o., aglio, peperoncino e aggiungere i tentacoli di calamaro, le sarde e del timo. Saltare qualche minuto, togliere i filetti di sarde che serviranno per guarnire il piatto e i tentacoli di calamaro, e aggiungere le olive Termite e i funghi carboncelli tagliati a listarelle.

    In un mixer frullare una parte delle cimette di cavolo broccolo con qualche foglia di basilico, un mezzo spicchio di aglio, un cucchiaio di acqua di cottura, sale ed olio e.v.o. fino ad ottenere una crema vellutata.

    Scolare le orecchiette poco prima della fine del tempo di cottura, versarle nella padella del condimento e saltare a fiamma viva un paio di minuti, facendo insaporire aggiungendo una  spolverata di pane grattugiato, che non sarà stato soffritto per mantenere il piatto più leggero.

    Impiattare ponendo sulla base la vellutata di cavolo broccolo, al di sopra della quale disporremo le orecchiette condite e guarnire con i filetti di sarde e foglie di basilico.

    Sapori

    Nella ricetta il sapore sulfureo del cavolo broccolo è abbinato con quello dolciastro dell’oliva Termite di Bitetto, dalla polpa consistente; con il sapore terroso del fungo cardoncello e con la nota particolare e affumicata del Peperone Corna di capra di Monteleone.

    Notizie

    Il Cavolo broccolo, appartenente alla famiglia delle Brassicaceae, tipico ortaggio autunnale presente sulle tavole già da ottobre, in realtà è uno scrigno di proprietà benefiche per l’organismo. Possiede pochissime calorie ed è ricco di sali minerali (calcio, magnesio, ferro, fosforo e potassio) e di vitamine (C, B1, B2). Importante è la presenza di glucosinolati, metaboliti tipici di tutte le varietà orticole appartenenti alle Brassicaceae che conferiscono il caratteristico sapore e hanno azione protettiva nell’insorgenza dei tumori e delle malattie neurodegenerative.

    Immagini

     

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