Categoria: MéMó

  • Mangia che ti fanno bene.. le fave

    Mangia che ti fanno bene.. le fave

    Mangia che ti fanno bene.. le fave.

    Articolo tratto da biodiversitapuglia.it di Antonella Berlen

    Mangia, che ti fa bene, sollecitava pazientemente la nonna, mentre piccina, davanti a una minestra di zucca e fave con la buccia.

    Facevo vagare con ostinata lentezza il mio cucchiaio per il fondo buio e denso del piatto, nell’impresa di allontanare tutti i pezzi di zucca dallo sgradito contatto con le fave dal nasello inquietante, e dai sospetti pezzi di aglio che lucevano, pallidi, sotto numerosi giri di olio.

    Quella minestra proprio non riuscivo a mandarla giù. E non mi era nemmeno chiaro come potesse farmi tutto quel bene di cui era convinta la nonna, che, sicuro, pensavo mentisse spudoratamente per convincermi a mangiarne.

    Quando ci penso mi rivedo, in un dipinto di contadini al desco, illuminata da una luce fioca, con gli occhi alla carta moschicida che pendeva dalla lampada, a cercare di contare quante mosche, volando volando, avvicinandosi alla luce, ne restassero imprigionate.

    E guardandole, a spingere cautamente il piatto verso il centro del tavolo, nella speranza che qualche fortunata, nel tentativo di staccarsi, perdesse un’ala e vi precipitasse dentro, salvandomi da quella minestra.

    Ma la carta moschicida era micidiale e quell’evento, mortificando le mie aspettative, non si verificava mai.

    E anche se fosse accaduto, ripensandoci, non sono proprio certa che la nonna avrebbe passato, al cane o alle galline, il pasto non gradito.

    La nonna avrebbe ripescato la povera mosca e il piatto sarebbe rimasto a tavola. Anche se in quel caso avrei potuto motivare il rifiuto di mangiarne e chiedere in sostituzione pane e formaggio…

    Ma come facevo a confessare che non riuscivo a riempire quel cucchiaio perché mi facevano paura le fave? E che era a causa di quelle loro labbra sottili e ricurve che mi rendevano vivo e ghignante il legume che mi guardava dal piatto, che non mi decidevo a portarlo alla bocca?

    Con gli occhi fissi sul piatto, mi limitavo a dirle: non mi piacciono!

    E la nonna, a rispondere: ma se non le hai ancora assaggiate.

    Ed io, a chiudere quel risicato scambio di parole: lo so e basta!

    A quel punto, la nonna, con un gran sospiro, si convinceva ad eliminare le fave, che erano quelle che mi facevano meglio di tutto, ed io, sgocciolandoli per bene dal fondo di cottura, recuperavo tutti i pezzi di zucca e li mangiavo.

    Sapevano di tegame di terracotta. Di olio e di aglio. E di fave.

    E non erano niente male, ma io, nonostante cominciassi segretamente a familiarizzare con quel sapore, seguitavo a mangiare con lentezza accompagnata da aria di grande costrizione, per dimostrare, nonostante la rimozione del legume, tutto lo sforzo che mi costava accontentarla.

    Così, piano piano, attraverso il sapore mediato e veicolato da quei pezzi di zucca, dopo aver contrattato l’eliminazione del nasello, ho imparato, crescendo, ad accettare il piatto completo e ad apprezzare quella solida e preziosa minestra.

    E ho capito, a distanza di tempo, che la nonna non mentiva incitandomi a mangiare quel piatto di fave e zucca e che il suo convinto e affettuoso, mangia che ti fa bene, a qualunque alimento si riferisse, aglio, zucca o fave con la buccia, tutti prodotti della sua campagna, era convinto, sincero e consapevole.

    La nonna curava amorevolmente i suoi campi mentre il nonno era in America e ci teneva particolarmente che mangiassi le fave perché, da brava contadina qual era, ne conosceva e apprezzava per esperienza, sia il sapore che tutte le proprietà benefiche.

    Erano facili da coltivare e facevano bene al terreno, potevano essere gustate fresche e verdoline in primavera, dopo averle tirate fuori dalla buccia, da sole o accompagnate da pane e formaggio di pecora, e secche in inverno, con la buccia o senza, in zuppe e minestre saporite, cotte sotto la cenere o fritte.

    La nonna non conosceva sicuramente termini quali azoto, sali minerali, acido folico, potassio, antiossidanti, steroli vegetali e fibre alimentari, né i nomi di tutti i minerali contenuti in quelle fave, e neanche da quanto tempo esistevano su questa terra e da dove arrivavano. Le bastava sapere che c’erano, ed erano ottime da cucinare e utili ad “andare di corpo” con regolarità, a mantenere bassa la pressione corporea e, ricche di ferro com’erano, a curare le anemie. Cosa si poteva volere di più da una fava?

    Ogni bravo contadino, all’epoca, aveva dentro di sé un navigato farmacista naturale, esperto non in cosa contenessero determinati cibi o erbe, ma per cosa fossero utili, a curare o a prevenire.

    E la nonna era una buona contadina.

    E il suo mangia, che ti fa bene, ci stava proprio tutto.

    Ma chissà cosa avrebbe pensato, se in un momento di fantasiosa premonizione infantile, con il piatto davanti, le avessi svelato che quelle fave avrebbero percorso tanta strada, e a 50 anni di distanza sarebbero arrivate in alto, ma molto più in alto di qualsiasi altro legume contemplato nelle favole.

    Perché una principessa coraggiosa e determinata avrebbe viaggiato tra stelle, pianeti e buchi neri, e all’interno di un castello volante costruito con fibre di acciaio delle più forti, si sarebbe mossa tranquilla e attenta nello spazio silenzioso, portandosi dietro fagioli, lenticchie, fave e ceci neri, a conferma delle sue sane abitudini alimentari e del fatto che, nelle favole, tra principesse e legumi c’è sempre stato un certo feeling.

    La nonna mi avrebbe ascoltata con la sua santa pazienza e pur non essendo in grado di cogliere l’opportunità scientifica di tale rivelazione, avrebbe approfittato dell’utilità immediata della mia fantasia, e sull’orlo dell’esasperazione avrebbe concluso: Hai visto?

    Se l’è portate perché fanno bene!

    Quindi, smettila di fare tutte queste mosse, e mangia!

    La nonna metteva a “bagno “, le fave, in abbondante acqua, la sera.

    Il mattino successivo le passava, dentro “u’ pignatidd”, che sistemava in un angolo del camino destinato alla cucina, con foglie di alloro, grani di pepe e acqua.

    Quindi tagliava dalla parte centrale di una grossa cipolla una fetta bella alta e la sistemava sulla bocca del tegame.

    Non mi sono mai chiesta se lo facesse per sostituire un coperchio andato in pezzi, oppure per approfittare del vapore e cuocere anche la cipolla, che poi mangiava a parte, condita con olio e sale.

    Ogni tanto andava a controllare la cottura e, aggiungeva, se necessario, altra acqua calda, che teneva di riserva, in un pentolino. Poco prima che arrivassero a cottura regolava di sale.

    Nel frattempo cuoceva la zucca, tagliata a pezzi non troppo piccoli, e la teneva da parte, in un piatto coperto da un altro piatto, sotto un telo.

    Pronte le fave, le tirava fuori dall’acqua e le aggiungeva alla zucca, aggiustava di sale, se necessario, e completava il tutto con uno spicchio d’aglio a piccoli pezzi e un generoso giro d’olio di oliva.

    immagini by biodiversitapuglia.it

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  • Madeleine, dolci francesi

    Madeleine, dolci francesi

    Madeleine, dolci francesi.

    Ricetta tratta da ricettedacoinquiline.wordpress.com di Ilaria

    Le madeleine sono diventate famose in tutto il mondo per un’opera letteraria, Alla ricerca del tempo perduto, di Proust.

    Io personalmente lo guardo ogni volta in libreria, ma non ho il coraggio né di comprarlo né di leggerlo! Anche perché, all’inizio questi dolci non mi sono mai piaciuti: quelli comprati hanno un sapore chimico.

    E quindi capirete il mio stupore nello scoprire che in realtà sono davvero buonissimi! Mi hanno letteralmente conquistata! Quindi sono straconsigliati.

    Ingredienti:

    x24 dolcetti

    • 3 uova
    • 100 gr di zucchero
    • 200 gr di farina 00
    • 150 gr di burro
    • La scorza di un limone edibile
    • 1/2 bustina di lievito in polvere per dolci

    Tempo di preparazione:

    15 minuti

    Tempo di riposo:

    1 ora

    Tempo di cottura:

    10 minuti

    Preparazione:

    Rompete le uova in una ciotola e sbattetele energicamente con lo zucchero, fino ad ottenere un composto chiaro.

    Sciogliete appena il burro e unitelo alle uova, poi incorporatevi la farina, il lievito e la scorza di limone grattugiata.

    Fate riposare l’impasto in frigorifero per un’ora.

    Preriscaldate il forno a 220°.

    Riempite gli stampini (imburrati e infarinati) con l’impasto, infornate per 5 minuti, poi abbassate la temperatura a 180° e proseguite per altri 5 minuti.

    Sfornate le madeleine e fatele raffreddare per bene su una gratella per dolci.

    Consiglio:

    affinché le madeleine risultino ben gonfie, preparate l’impasto il giorno prima e fatelo riposare una notte intera in frigo.

     

     

    immagini by ricettedacoinquiline.wordpress.com

  • Pane integrale fatto in casa

    Pane integrale fatto in casa

    Pane integrale fatto in casa.

    ricetta tratta da fromdreamtoplan.net di Lisa.

    Rimarrete stupiti da profumo e gusto del pane integrale fatto in casa!

    In quanto studente che vive con altri studenti, sono abbastanza orgogliosa delle mie abitudini alimentari. Cucino tutti i miei pasti e mangio un sacco di frutta e verdura (questo è anche dovuto al fatto di avere molte intolleranze, in realtà non ho altra scelta però mi piace!). Nonostante questo, non avrei mai immaginato di preparare il pane fatto in casa! Ecco perchè lo considero un momento epico (quando ancora potevo mangiare glutine). A dire il vero, devo ringraziare il mio caro coinquilino che gentilmente mi ha aiutata.

    Ingredienti:

    1 kg di Farina (puoi mixare le tipologie di farina che preferisci, Io ho mischiato 800 gr di farina integrale e 400 gr di farina di cereali)
    0,8 lt di Acqua (non troppo calda, non troppo fredda)
    30 gr di lievito
    20 gr di sale

    Preparazione:

    Versa la metà della farina in un recipiente e aggiungi 0,6 lt di acqua, mixa e lascia riposare per 15 minuti.

    Poi aggiungi il resto della farina all’impasto, aggiungi il lievito, il sale ed il resto dell’acqua e lavora gli ingredienti finchè l’impasto non risulta soffice ed elastico.

    Lascia riposare per almeno 2 ore coprendo con un panno.

    Poi lavora a mano l’impasto finchè non avrai ottenuto la forma che desideri, poi lascia riposare per altri 20 minuti.

    Nel frattempo accendi il forno settando una temperatura di 240-250°C.

    Prima di mettere l’impasto in forno, fai dei tagli sulla parte alta, ed eventualmente “spargi” un altro po’ di farina.

    Abbassa la temperatura del forno portandola a 220°C e lascia cuocere per circa 45 minuti.

    Rimarrete stupiti da profumo e gusto! Niente può essere comparato al pane integrale fatto in casa!

    imagini by fromdreamtoplan.net

  • Crostata con marmellata di amarene

    Crostata con marmellata di amarene

    Crostata con marmellata di amarene.

    Ricetta tratta da ricettedacoinquiline.wordpress.com di Ilaria

    Una bella fetta di crostata con marmellata di amarene, una tazza di tè verde e si può cominciare la settimana…

    Giusto? Secondo me non c’è niente di meglio di trovare un bel dolce quando ci si sveglia la mattina, papparselo di gusto e sentirsi subito meglio!

    Ingredienti:

    x24 cm di crostata

    150 gr di farina tipo 00
    50 gr di burro
    1 uovo leggermente sbattuto
    50 gr di zucchero
    1 pizzico di sale
    1 cucchiaino di lievito per dolci
    La scorza di ¼ di limone grattugiato non trattato
    6 – 7 cucchiai di marmellata di amarene

    Tempo di preparazione:

    10 minuti

    Tempo di riposo:

    30 minuti

    Tempo di cottura:

    40 minuti

    Preparazione:

    In una ciotola capiente, versate la farina e lo zucchero. Tagliate a pezzi il burro e impastate insieme alla farina fino a quando non avrete un composto farinoso. Unite a questo punto le uova e lavorate con le mani fino a quando l’impasto sarà diventato compatto (quando non si attaccherà più alle dita), rendetelo un panetto.

    Avvolgetelo nella pellicola e poi in frigo per circa 30 minuti.

    Preriscaldare il forno a 180°.

    Spargete della farina sul vostro piano da lavoro, in modo da non far attaccare la pasta nel caso la lavoriate troppo, infarinate anche un po’ la pasta e il vostro mattarello. Stendete la pasta fino allo spesso di 1 cm e poi, arrotolando la pasta sul mattarello, ponete in una tortiera per crostate da 24 cm già imburrata e infarinata (o ricoperta di carta forno). Riempite di marmellata, mettendo tutti i cucchiai al centro e poi stendendo con un cucchiaio verso i bordi, in modo da creare uno strato omogeneo di ripieno. Stendete per bene lungo i bordi e create le decorazioni che più preferite con la pasta avanzata.

    Mettete in forno a 180° per circa 40 minuti (o fino a quando la crosta non si sarà colorata) e lasciate raffreddare per bene.

    Servite!

    foto by ricettedacoinquiline.wordpress.com

     

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  • Farinella di Putignano: Carnevale e Condimento

    Farinella di Putignano: Carnevale e Condimento

    Farinella di Putignano: Carnevale e Condimento.

    Articolo tratto da insearchoftaste.com

    La farinella di Putignano è una farina macinata da ceci arrostiti, con l’aggiunta di orzo e sale.

    Si tratta di un cibo antico che viene ancora prodotto nella città di Putignano in provincia di Bari nel sud della Puglia. Qui è conosciuto come farinella di Putignano e chi ha a cuore le tradizioni della propria terra diventa il suo ambasciatore naturale.

    farinella di putignano farinella of putignano flour farina

    Viviamo in un’epoca in cui gli ingredienti semplici vengono spesso ignorati. La memoria e le tradizioni sono fragili e possono essere perse. Ad esempio anche il più umile dei semi come il cece può essere trascurato, ma in Puglia vi è ancora una tradizione gastronomica che si rifà a un’epoca di “necessità culinaria”.

    Gli agricoltori usavano portare la loro Farinella in un sacchetto chiamato “u Volz”, e la utilizzavano per cospargere i fioroni ed i fichi secchi mentre lavoravano nei campi. A cena usavano la Farinella come condimento per addensare il piatto, sul macco ovvero fave e cicorie, una specialità pugliese che è un purè di fave secche e di cicoria amara.

    Nelle case nobiliari la Farinella veniva usata come condimento per i piatti di pasta con salsa di pomodoro, condimento per le minestre, condimento per le insalate, per le olive, i fichi freschi e la frutta.

    A volte, veniva mescolata con lo zucchero per diventare un dessert. Spesso veniva utilizzata per addensare le bevande, che diventavano di fatto di più sostanziose.

    La cosa più rilevante è che la Farinella veniva mangiata e “goduta” perchè migliorava qualsiasi ingrediente a cui veniva aggiunta. Il sapore tostato persistente, che si lega al gusto dei ceci secchi, si abbina molto bene al sugo di pomodoro, e diventa  condimento su patate o olive in salamoia.

    farinella di putignano farinella of putignano figs fichi fioroni

    Uno dei modi migliori per assaggiarla è di gran lunga l’abitudine di usarla come condimento fresco, ad esempio per i fioroni o fichi giganti. L’intensa dolcezza di un fico perfettamente maturo con il sapore tostato della Farinella è un’abbinamento sublime. Inizia come una sensazione di morbido al palato, si intensifica con la dolcezza del frutto, ed il sapore finale lascia una gloriosa combinazione di dolce e salato.

    Nella biblioteca di Putignano, vi sono documenti che risalgono alla fine del 18 ° secolo che narrano di una Farinella nera fatta di terra e ceci neri arrostiti. Anche se oggi si sta riscoprendo in Puglia e Basilicata, la Farinella nera è molto difficile da trovare.

    La Farinella di Putignano è un condimento però la città di Putigano è anche molto famosa per una delle più antiche e più belle feste, ovvero il Carnevale di Putignano, il Carnevale più lungo in Europa, che si avvicina a festeggiare le 700 edizioni. Il simbolo principale del Carnevale di Putignano è un giullare, tradizionalmente vestito da arlecchino multi colore con cappello a doppia punta e con sonagli o campanelline. Il suo ruolo è quello di prendere in giro i VIP e le autorità. Il suo nome: Farinella di Putignano.

    farinella di putignano farinella of putignano maschera

    immagini by insearchoftaste.com

  • Chiacchiere di Carnevale, o crostoli, cenci, bugie …

    Chiacchiere di Carnevale, o crostoli, cenci, bugie …

    Chiacchiere di Carnevale, o crostoli, cenci, bugie …

    ricetta tratta da caramellosalato.com di Moira Picco

    Le chiacchiere di carnevale, o crostoli se siete in Friuli o frappe, galani, cenci, a seconda della regione d’Italia in cui vi trovate, sono il più tipico dolce di carnevale.

    Le chiacchiere di carnevale sono croccanti sfoglie di pasta, di forma rettangolare con uno o due tagli al centro tirate fini con il mattarello o con la macchina per la pasta, fritte in olio di semi e cosparse con zucchero a velo. Si ottengono così delle cialde croccanti, friabili e leggere che si sciolgono in bocca. Alcuni le fanno più fini, altri più spessi, a me piacciono molto sottili, infatti le tiro finissime con la macchina della pasta. Per realizzarle servono pochi e semplici ingredienti che solitamente ognuno ha in dispensa, come farina, uova, burro, zucchero.

    Ingredienti:

    280 gr. farina
    15 gr. frumina
    1/2 cucchiaino da te di lievito
    30 gr. zucchero
    1 bustina vanillina
    2 uova
    1 fialetta di aroma limone o succo di limone
    1 presa di sale
    25 gr. burro
    olio di semi per friggere

    Tempo di preparazione:

    20 minuti

    Tempo di cottura:

    2-3 minuti

    Procedimento:

    Versare su una spianatoia la farina, la frumina ed il lievito setacciati e fare un buco al centro

    Al centro versare lo zucchero, la vanillina, le uova, l’aroma al limone ed un pizzico di sale. Con una forchetta battere le uova ed iniziare a prendere un po’ di farina dai lati della fontana

    Quando avrete ottenuto un impasto denso potete versare il burro ammorbidito tagliato in piccoli pezzi

    Impastate pian piano tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo e compatto. Se il composto risulta troppo duro si può ammorbidire aggiungendo un po’ di acqua o volendo la stessa quantità di grappa. Coprite ora il panetto con pellicola e fate riposare per 30 minuti a temperatura ambiente

    Riprendete il panetto e dividetelo in 3 parti

    Fate passare ogni pezzo nella macchina della pasta partendo dal foro più grosso e facendolo passare più volte fino a quando risulta liscio. Quando la pasta è liscia può essere fatta passare nello spessore medio e poi in quello più sottile. Riponete le strisce sul piano di lavoro leggermente infarinato e tagliatele con la rotella dentellata in rettangoli, facendo due tagli centrali

    Scaldare l’olio di semi, meglio se di semi di arachidi, fino a 180 gradi ed immergete i crostoli, e i crostoli, rigirandoli, basteranno 2 minuti. Fate attenzione che la temperatura dell’olio non aumenti troppo, nel caso abbassate il gas e attendete che cali un po’

    Disponete i vostri crostoli sul piatto di portata e cospargeteli di zucchero a velo su ogni strato.

    immagini by caramellosalato.com

  • Orecchiette integrali con cavolo broccolo, funghi cardoncelli, olive Termite di Bitetto e profumi di mare

    Orecchiette integrali con cavolo broccolo, funghi cardoncelli, olive Termite di Bitetto e profumi di mare

    Orecchiette integrali con cavolo broccolo, funghi cardoncelli, olive Termite di Bitetto e profumi di mare.

    Ricetta pubblicata su biodiversitapuglia.it

    autore Maria De Tullio

    Categoria

    Primo piatto

    Numero persone

    4

    Tempo preparazione

    50 minuti

    Ingredienti

    • 1 kg di cavolo broccolo
    • 400 g di orecchiette integrali o orecchiette biologiche di farina integrale
    • Funghi cardoncelli
    • Olive Termite di Bitetto
    • Tentacoli di calamaro
    • 3-4 sarde
    • Aglio
    • Peperone Corna di capra di Monteleone
    • Foglie di basilico
    • Olio extra vergine di oliva
    • Pane grattugiato

    Procedimento

    Lavare il cavolo broccolo precedentemente pulito e ridotto in cimette, utilizzando anche la parte centrale del gambo, affettato e privato della parte esterna coriacea. Pulire i funghi cardoncelli, eliminando accuratamente il terreno, lavarli e ridurli a listarelle.

    In una pentola dai bordi alti portare a bollore acqua salata e aggiungere le cimette e le foglie di cavolo broccolo, insieme alle fettine di gambo. Cuocerle per qualche minuto dopo la ripresa del bollore e allontanarle con una schiumarola.

    Nell’acqua di cottura del cavolo broccolo versare le orecchiette integrali e attendere il tempo di cottura.

    Intanto pulire i tentacoli dei calamari e 3-4 sarde, privandole della testa e delle interiora, eliminando la lisca centrale e dividendole in due filetti. Scaldare in una padella un filo d’olio e.v.o., aglio, peperoncino e aggiungere i tentacoli di calamaro, le sarde e del timo. Saltare qualche minuto, togliere i filetti di sarde che serviranno per guarnire il piatto e i tentacoli di calamaro, e aggiungere le olive Termite e i funghi carboncelli tagliati a listarelle.

    In un mixer frullare una parte delle cimette di cavolo broccolo con qualche foglia di basilico, un mezzo spicchio di aglio, un cucchiaio di acqua di cottura, sale ed olio e.v.o. fino ad ottenere una crema vellutata.

    Scolare le orecchiette poco prima della fine del tempo di cottura, versarle nella padella del condimento e saltare a fiamma viva un paio di minuti, facendo insaporire aggiungendo una  spolverata di pane grattugiato, che non sarà stato soffritto per mantenere il piatto più leggero.

    Impiattare ponendo sulla base la vellutata di cavolo broccolo, al di sopra della quale disporremo le orecchiette condite e guarnire con i filetti di sarde e foglie di basilico.

    Sapori

    Nella ricetta il sapore sulfureo del cavolo broccolo è abbinato con quello dolciastro dell’oliva Termite di Bitetto, dalla polpa consistente; con il sapore terroso del fungo cardoncello e con la nota particolare e affumicata del Peperone Corna di capra di Monteleone.

    Notizie

    Il Cavolo broccolo, appartenente alla famiglia delle Brassicaceae, tipico ortaggio autunnale presente sulle tavole già da ottobre, in realtà è uno scrigno di proprietà benefiche per l’organismo. Possiede pochissime calorie ed è ricco di sali minerali (calcio, magnesio, ferro, fosforo e potassio) e di vitamine (C, B1, B2). Importante è la presenza di glucosinolati, metaboliti tipici di tutte le varietà orticole appartenenti alle Brassicaceae che conferiscono il caratteristico sapore e hanno azione protettiva nell’insorgenza dei tumori e delle malattie neurodegenerative.

    Immagini

     

    immagini by biodiversitapuglia.it