Categoria: HERITAGE

  • Alberobello e la Valle d’Itria

    Alberobello e la Valle d’Itria

    Alberobello e la Valle d’Itria.

     è un articolo di Italia.ititalia.it

     La Valle d’Itria accoglie il visitatore con distese di ulivi senza eguali, alberi nati da una terra rossa che profuma e rende il panorama attorno un susseguirsi di effetti cromatici meravigliosi.

    Nota anche come la Valle dei Trulli, si estende tra le provincie pugliesi di Bari, Brindisi e Taranto (Puglia, Italia) e comprende numerosi comuni tra cui Alberobello, Carovigno, Castellana Grotte, Ceglie Messapica, Cisternino, Fasano, Locorotondo, Martina Franca, Noci, Ostuni, Putignano, San Michele Salentino, San Vito dei Normanni e Villa Castelli.

    Sarà per il bianco delle costruzioni o per la vegetazione che li incornicia, ma ogni paese, ogni borgo della valle, è avvolto da un atmosfera magica, quasi fiabesca.

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    Nel cuore della Valle d’Itria tappa d’obbligo è Alberobello con i suoi trulli, località inserita dall’Unesco nella World Heritage List nel 1996. Impossibile non rimanere affascinati da una passeggiata per le vie dei rioni Monti e Aja Piccola.

    Nella valle non c’è solo Alberobello. Le sue campagne sono disseminate di queste costruzioni tipiche: basti pensare a Cisternino, che sorge nella cosiddetta Murgia dei trulli, annoverato, assieme alla vicina Locorotondo, tra I borghi più belli d’Italia. Quest’ultimo, detto fino a metà ottocento “Luogorotondo” per la caratteristica forma rotonda dell’abitato, fa parte de “La Terra dei Trulli”.

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    Tra Bari e Taranto si trova Martina Franca, il comune più popolato della Valle d’Itria, noto soprattutto per la splendida architettura barocca e per l’omonimo festival musicale.

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    E poi c’è la Città Bianca per eccellenza, l’unica della valle con sbocco sul mare: Ostuni. Così chiamata per via del suo caratteristico centro storico, un tempo interamente dipinto a calce bianca. Ostuni costituisce insieme a Taranto e Santa Maria di Leuca, uno dei vertici ideali della penisola salentina.

    Assolutamente da non perdere un “viaggio al centro della terra”, alle Grotte di Castellana (nel comune di Castellana Grotte), dove la Grave, la prima e più vasta caverna nonché l’unica collegata con l’esterno, e poi la la Grotta Bianca lasceranno senza parole qualsiasi visitatore.

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    Ad Alberobello, fra i trulli, in uno scenario spettacolare vanno in scena sia il Presepe Vivente, nel mese di Dicembre, sia la Passione vivente, nel periodo pasquale.

    A Martina Franca nel mese di luglio, dal 1975, va in scena il Festival della Valle d’Itria.

    Sulla collina che sovrasta l’elegante borgo di Fasano, sorge l’omonima selva all’interno della quale si trova lo Zoo Safari, un parco adatto a grandi e piccini che offre al visitatore uno spettacolo davvero incredibile; oltre 40 specie animali allo stato selvatico.

    Passeggiate, laboratori e degustazioni presso le numerose masserie didattiche, ovvero aziende agrituristiche distribuite in tutto il territorio che propongono, per le scuole, ma non solo, esperienze dirette di osservazione e studio, e poi manipolazioni, raccolta frutti, partecipazione alle varie fasi di trasformazione dei prodotti agricoli, creazione di piccoli oggetti in giunco, degustazione di prodotti tipici.
    Come gli Sporcamussi: impossibile non alzarsi da tavola senza la bocca sporca di crema e di zucchero a velo. Sono i dolci tipici di Bari e della Valle d’Itria e si chiamano così proprio perchè sono talmente buoni che, mangiandoli in un sol boccone, deliziano il palato ma lasciano vistose tracce!

  • Mottola, quando la natura è un set

    Mottola, quando la natura è un set

    Mottola, quando la natura è un set.

    è un articolo di Città Meridianecittameridiane.it

     Mottola, natura selvaggia e Grotte di Dio, nelle Murge Tarantine tra rilievi sforbiciati dalle gravine e profondi canyon.

    Tra i percorsi più spettacolari e anche meno conosciuti della terra di Puglia c’è quello delle Murge Tarantine, rilievi sforbiciati dalle gravine, profondi canyon che corrono perpendicolari alla costa ionica: un universo di roccia formatosi due milioni di anni fa.

    mottola nature is a set

    Un paesaggio che cattura lo sguardo e riempie l’anima, tra roccia e macchia mediterranea. Camminando sull’orlo dei dirupi, in mezzo a cespugli di lentisco e di ginepro, ci si sente in un mondo a parte, ancora poco battuto dal turismo e fatto di paesi arroccati sull’orlo di profondi burroni e di una campagna coltivata ad aranci e ulivi.

    Come Mottola, chiamata la Spia dello Ionio per la sua posizione su un colle panoramico affacciato sul blu profondo del golfo di Taranto.

    mottola nature is a set

    Si trova qui la gravina più spettacolare e più maestosa di Puglia, quella di Petruscio, dalle pareti verticali piene di grotte scavate nella roccia. Il villaggio rupestre si è sviluppato sui fianchi della gravina, all’interno dei diversi livelli delle grotte tra loro comunicanti che nei secoli sono state utilizzate come abitazioni, ricovero di animali, centri di culto religioso e anche cimiteri.

    Sentieri tortuosi portano sul fondo della gravina ma il punto di osservazione più interessante è quello dal quale la si ammira proprio dal centro della gravina: noto a pochi ci ha permesso di realizzare foto spettacolari che danno l’idea di quanto profonda ed estesa sia questa spaccatura incisa nella roccia.

    Mottola ha anche un centro storico a pianta circolare che si abbarbica sulla collina tra stradine intricate e ripide scalette, che dovrebbe essere senz’altro più valorizzato, e moltissime chiese. Collocata sulla sommità si trova la Chiesa Madre risalente al XIII secolo e rimaneggiata successivamente.

    mottola nature is a set

    Ma le chiese più interessanti sono senz’altro quelle rupestri e la più bella quella di San Nicola, chiamata la Cappella Sistina della civiltà rupestre dove si rimane a bocca aperta davanti al ciclo di 24 affreschi databili tra XI e XIV secolo con al centro, sulla parete dell’abside, il Cristo Pantocratore.

    Maestoso anche il Cristo Pantocrator all’interno della chiesa seminterrata di San Gregorio, che fa parte di un complesso molto esteso che comprende anche le due chiese rupestri della Madonna delle Sette Lampade e la chiesa della Madonna degli Angeli. Questa chiesa è molto interessante per il suo interno di grande pregio ripartito in navate da quattro grandi pilastri e dai soffitti accuratamente scolpiti a finte travature e cupole. Da sottolineare che la raffigurazione del Cristo Pantocratore nella calotta absidale di una chiesa rupestre è abbastanza inusuale nella nostra regione dove nelle absidi prevale la raffigurazione della Déesis, e nel Tarantino gli unici due esempi sono presenti a Mottola, a San Gregorio – appunto – e nella chiesa rupestre di Cristo alle Grotte.

    Altra chiesa rupestre singolare è quella di Sant’Angelo, che rappresenta l’unico caso in Puglia di chiesa rupestre a due piani ipogei, soluzione architettonica tipica della Cappadocia e del mondo bizantino. Peccato che gli affreschi risultano molto compromessi dalle infiltrazioni di acqua, favorite dal dissodamento del terreno sovrastante.

    mottola nature is a set

    Intorno a Mottola si estende un vero e proprio museo a cielo aperto tra antiche masserie, trulli, cisterne, villaggi rupestri e le “Grotte di Dio” scavate nei valloni tufacei e immerse nel profumo intenso del rosmarino, del timo e dell’origano. Ed è qui che si sviluppa la cultura del vivere in grotta, con gioielli architettonici dagli apparati iconografici di eccezionale fattura artistica come le cripte finemente affrescate, vere e proprie pinacoteche custodite in forzieri di roccia. Non si tratta di fenomeni isolati, anche se qui raggiungono un livello elevatissimo di raffinata fattura, ma rientrano in un habitat naturale, antropico e culturale tipico del bacino mediterraneo, esteso dalla Turchia alla Grecia, Bulgaria, Cipro, Georgia, Armenia, Italia meridionale, Tunisia, Giordania, Israele, Francia e Spagna, e caratterizzato dall’uso della grotta scavata come tempio, chiesa, abitazione, opificio, villaggio, necropoli.

    Ma come dicevamo tutto questo a Mottola è immerso in un paesaggio talmente selvaggio e suggestivo da aver fatto da set a una delle storie del film Il racconto dei racconti di Matteo Garrone, il regista di Gomorra. Si tratta de “La pulce”, con protagonista un re e la figlia, in età da marito che verrà data in sposa a un orco. Dopo otto mesi in cui il location manager del film Gennaro Aquino ha girato in lungo e in largo l’Italia, sono state scelte le grotte di Casalrotto come casa dell’orco.

    In una piccola gravina, tra piante di rosmarino e capperi e alberi di ulivi, sorge la chiesa della Madonna del Carmine o Madonna Abbàsc, in parte scavata nella roccia che, a chi arriva in una giornata tersa di sole, appare come un piccolo spicchio di Grecia in terra pugliese. A trarre in inganno la forma della parte superiore del santuario e il bianco abbacinante dei muri. La leggenda racconta che il 22 aprile 1506 la Vergine del Carmelo apparve in sogno al chierico Francesco Pietro di Filippo, che riposava nella grotta in cui abitava, e gli ordinò di edificare una cappella a lei dedicata. Da allora, durante i sabati di Quaresima, presso la cappella si svolge un affollatissimo pellegrinaggio votivo da Mottola e da molti centri vicini. All’interno, l’affresco sull’altare rappresenta la Vergine Odegitria con due angeli che le reggono la corona.

    Lasciamo a malincuore questo paradiso di pace e devozione. Con una promessa: torneremo a Mottola per visitare il tanto altro che la città offre a chi è pronto a cogliere le sue bellezze spesso nascoste.

    foto di cittameridiane.it

  • Caciocavallo

    Caciocavallo

    Caciocavallo.

    Il caciocavallo è un formaggio a pasta filata semidura, ottenuto da latte vaccino. La forma è a pera con testina ed il peso variabile da 1 a 3 kg.

    La crosta è sottile, liscia, di marcato colore giallo paglierino. La pasta è omogenea, scagliosa nelle forme a lunga stagionatura, con lieve occhiatura, e di colore bianco o giallo paglierino più intenso verso l’esterno. Il sapore, influenzato dal periodo di stagionatura, può variare da molto delicato a piccante.

    Categoria del prodotto

    Formaggi

    Altre denominazioni

    Area di origine del prodotto

    Puglia e Basilicata (Italia)

    Processo Produttivo

    Dopo filtrazione, il latte vaccino crudo è acidificato per aggiunta di siero-innesto naturale, derivante da precedenti lavorazioni.

    La coagulazione, previo riscaldamento del latte ad una temperatura di ca. 40°C, è ottenuta mediante aggiunta di caglio bovino liquido (ca. 25 ml per 100 kg).

    La rottura manuale della cagliata mediante spini di legno si prosegue fino ad ottenere granuli della grandezza di un chicco di riso.

    La sosta della cagliata sotto siero è protratta per un tempo di ca. 3 h, cui segue il taglio in pani ed una successiva sosta di ca. 20 min.

    I pani sono ulteriormente tagliati in listelle per facilitare la filatura che è eseguita a ca. 80°C in latticello. Con l’operazione di filatura la cagliata è modellata nella classica forma a pera con testina e poi legata con filo di nylon o fibra naturale.

    Le singole forme sono poste in acqua fredda per tempi variabili in funzione delle dimensioni, fino a rassodamento.

    La salatura avviene in salamoia alla temperatura di 15-20°C. Le forme rimangono immerse nella salamoia per un tempo pari a ca. 8-9 h per kg di prodotto.

    In funzione della tipologia, la maturazione è protratta per un periodo di 2-12 mesi alla temperatura di ca. 15°C.

    Periodo di produzione

    Tutto l’anno

    Storia e tradizione

    Il nome caciocavallo ha origine dalla modalità di stagionatura delle provole legate insieme, a cavallo di un bastone.

    Una particolare tipologia di Caciocavallo è il Caciocavallo Podolico, la localizzazione degli animali di razza podolica è concentrata quasi esclusivamente sul promontorio Garganico dove l’acqua è scarsa e la sopravvivenza è difficile. La razza podolica si suppone sia stata addomesticata in Medio Oriente nel IV millennio a.C.

    descrizione tratta da Atlante dei Prodotti Tipici di Puglia Prima edizione – Ottobre 2006

    immagini by cheesemaking.com

  • Mandorla di Toritto

    Mandorla di Toritto

    Mandorla di Toritto.

    La mandorla di Toritto è il frutto del mandorlo, Amygdalus communis L. e si ottiene dalle cultivar autoctone ‘Filippo Cea’ detta anche ‘Aminue’ (almeno il 70%), ‘Antonio De Vito’ (fino al 20%) e altre cultivar (fino al 10%).

    La mandorla Filippo Cea è caratterizzata da un frutto in guscio dal peso di 5 g, il seme da un peso medio di 1,6 g con una percentuale di semi doppi o gemellari intorno al 30%. Per la sua spiccata pastosità è indicata per la preparazione di dolci a cui conferisce aroma intenso e piacevole e per la preparazione del latte di mandorla.

    Le mandorle si conservano ottimamente all’interno del loro guscio; se sgusciate, vanno conservate il più possibile al riparo da luce, aria, calore.

    Le mandorle di Toritto, generalmente, vengono commercializzate in confezioni sigillate; se vengono vendute sfuse devono essere conservate in recipienti chiusi per evitare l’irrancidimento.

    Categoria del prodotto

    Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati

    Altre denominazioni

    Aminue

    Area di origine del prodotto

    il comune di Toritto (Bari, Puglia, Italia)

    Processo Produttivo

    Le piante sono allevate a vaso con tre branche. La potatura di produzione invernale tiene conto che la fruttificazione avviene principalmente sui dardi.

    L’epoca media di fioritura ricade nella seconda metà di febbraio.

    La raccolta avviene generalmente in agosto – settembre mediante bacchiatura consistente nel battere con lunghe pertiche i rami per farne cadere a terra il prodotto ormai maturo.

    I frutti raccolti vengono liberati dal mallo e posti ad asciugare affinché il contenuto di acqua risulti inferiore al 7%; questo assicura una buona conservazione del prodotto.

    La produzione in mandorle prive del mallo è elevata e può raggiungere in media 1,3 t/ha.

    Periodo di produzione

    Estate

    Storia e tradizione

    In provincia di Bari la mandorlicoltura era diffusissima e ha influenzato il paesaggio agrario e la cultura popolare: basti pensare al patrimonio di canzoni contadine pugliesi legato alle lunghe operazioni di smallatura.

    Nel comune di Toritto sono state selezionate varie cultivar che portano il nome di illustri cittadini di Toritto: la ‘Antonio De Vito’, la ‘Genco’ e la ‘Filippo Ceo’ (di cui sopravvive la pianta “madre” in località Matine di Toritto).

    descrizione tratta da Atlante dei Prodotti Tipici di Puglia Prima edizione – Ottobre 2006

     immagini by mondodelgusto.itradicifuturemagazine.itgamberorosso.itpugliamonamour.it – imgrum.org

  • Ostuni la città bianca

    Ostuni la città bianca

    Ostuni la città bianca.

    Articolo tratto da solobuonoblog.wordpress.com

    Ostuni sale e scende, poi scende e risale, in un dedalo di viuzze luminose sia di giorno che di notte.

    A creare quella luce è il bianco, il bianco diffuso che dà ad Ostuni, appunto, il nome di Ostuni la città bianca.

    Situata in provincia di Brindisi (Puglia, Italia) nei pressi del’altopiano delle Murge, Ostuni affaccia sul mare Adriatico, in una delle parti più belle e pulite in assoluto di tutta la costa. Diciassette chilometri di costa offrono spiagge grandi e assolate, adatte a tutte le tipologie di turisti, ed alle loro rispettive esigenze.

    La città prende vita soprattutto in Estate, dove si popola di turisti che, per tutto il dedalo di viuzze, vicoletti dal caratteristico colore di calce bianca, si godono l’estate, ed una luce che solo Ostuni può regalare. Tanta arte, numerose chiese, varie civiltà che si sono alternate, rendono Ostuni uno dei borghi più belli d’Italia, capace di offrire veramente di tutto ai turisti: non solo il mare.

    Ostuni è tra le più eleganti città mai viste, il panorama, anche di notte, magari con la luna, regala emozioni mai provate prima.

    Non aspettate l’estate: andateci!

    ostuni la città bianca ostuni the white town-min

    foto by Comune di Ostuni (Brindisi, Puglia, Italia)

  • Oliva da mensa varietà Termite di Bitetto

    Oliva da mensa varietà Termite di Bitetto

    Oliva da mensa varietà Termite di Bitetto

    L’oliva da mensa varietà Termite di Bitetto è una varietà di oliva autoctona della Puglia come attestato in antichi documenti rinvenuti.

    Drupa di forma ovale, di colore verde durante lo sviluppo e nera a maturazione avvenuta. Le olive vanno avviate alla lavorazione entro 48 ore dalla raccolta, il sistema di lavorazione è quello detto “in salamoia al naturale o alla greca”.

    Categoria di Prodotto

    Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati.

    Altre denominazioni

    Mele di Bitetto, Ualie dolc

    Area di origine del prodotto

    La provincia di Bari (Puglia, Italia)

    Processo Produttivo

    L’oliva da mensa varietà Termite di Bitetto va avviata alla lavorazione entro 48 ore dalla raccolta, il sistema di lavorazione è quello detto “in salamoia al naturale o alla greca”. Le olive subiscono un processo di conservazione in salamoia piuttosto lento; si distinguono 2 fasi: quella iniziale o tumultuosa, della durata di 20-30 giorni durante i quali il prodotto in salamoia all’ 8-10% subisce un lento processo di deamarizzazione e di fermentazione aerobica. Nella seconda fase le olive vengono conservate in contenitori chiusi dove la fermentazione anaerobica procede lentamente e consente il completamento del processo di deamarizzazione. La conservazione delle olive in forma intera, snocciolata, farcita o condita, avviene in contenitori della capacità massima di 10 Kg. Possono essere utilizzati ingredienti facoltativi quali: sale, aceto, olio extra vergine di oliva, spezie, erbe ed estratti naturali.

    Periodo di produzione

    Tutto l’anno.

    Storia e tradizione

    L’oliva da mensa varietà Termite di Bitetto è una varietà autoctona come attestato in antichi documenti curiali e notarili rinvenuti. Uno di essi risale all’inizio del secondo millennio, essendo stato emesso il 6 maggio 1186 anno XXI del regno di Guglielmo il Buono, pubblicato col numero CXXXI nel Codice Diplomatico Normanno di Alfonso Gallo; trattasi di una dichiarazione di riconoscimento di proprietà di alcuni appezzamenti di terreno situati nell’agro di Bitetto e nella quale più volte è riportata la parola latina “Termitum” in riferimento alla varietà di alberi ivi coltivati. Un altro è contenuto in un protocollo notarile del secolo XVIII e riguarda un atto rogato a Bitetto il 18 novembre 1763 da notaio Giuseppe Tommaso Mastrangelo nel quale, tra le spese annualmente elencate e sostenute da un tutore per lavori ai terreni di proprietà di alcuni minori, vi è riportata una per lavori di “innesti degli alberi di olive termiti”.

    oliva da mensa varietà termite di bitetto

    oliva da mensa varietà termite di bitetto

    descrizione tratta da Atlante dei Prodotti Tipici di Puglia Prima edizione – Ottobre 2006

  • Capocollo di Martina Franca

    Capocollo di Martina Franca

    Capocollo di Martina Franca.

    Il capocollo di Martina Franca è un insaccato ottenuto da carne di suini nati ed allevati in maniera estensiva nel territorio di Martina Franca.

    La tecnologia di produzione prevede alcune fasi caratteristiche come il trattamento mediante vino cotto e l’affumicatura. Il capocollo di Martina Franca ha un colore rosso vinoso intenso ed un aroma pronunciato legato all’uso di spezie ed alla affumicatura. La consistenza è morbida ed il sapore fragrante con sensazione acida impartita dal vino cotto e ben sostenuta dalla qualità della carne.

    Categoria del prodotto

    Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione

    Area di origine del prodotto

    il comune di Martina Franca (Taranto, Puglia, Italia)

    Processo produttivo

    Il capocollo di Martina Franca è un insaccato ottenuto da carne di suini nati ed allevati in maniera estensiva nel territorio di Martina Franca. La materia prima è costituita dalla porzione superiore del collo del maiale e da una parte della spalla. Dopo salatura della carne, è eseguito il lavaggio in vino cotto (vino bianco martinese), la miscelazione con aromi di erbe locali, l’investitura e legatura nel budello di maiale, così da formare pezzature di forma cilindrica e peso di 0,5-2 kg. Il processo di affumicatura ha luogo bruciando il legno e la corteccia di un fragno originario dei Balcani e presente solo in alcune zone della Puglia. La stagionatura ha una durata di circa 3 mesi.

    Periodo di produzione

    Tutto l’anno.

    Storia e tradizione

    Le testimonianze storiche descrivono lavorazioni di carni suine secondo il protocollo usato per la produzione del capocollo di Martina Franca fin dal secolo XVII.

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    descrizione tratta da Atlante dei Prodotti Tipici di Puglia Prima edizione – Ottobre 2006

  • Farinella di Putignano: Carnevale e Condimento

    Farinella di Putignano: Carnevale e Condimento

    Farinella di Putignano: Carnevale e Condimento.

    Articolo tratto da insearchoftaste.com

    La farinella di Putignano è una farina macinata da ceci arrostiti, con l’aggiunta di orzo e sale.

    Si tratta di un cibo antico che viene ancora prodotto nella città di Putignano in provincia di Bari nel sud della Puglia. Qui è conosciuto come farinella di Putignano e chi ha a cuore le tradizioni della propria terra diventa il suo ambasciatore naturale.

    farinella di putignano farinella of putignano flour farina

    Viviamo in un’epoca in cui gli ingredienti semplici vengono spesso ignorati. La memoria e le tradizioni sono fragili e possono essere perse. Ad esempio anche il più umile dei semi come il cece può essere trascurato, ma in Puglia vi è ancora una tradizione gastronomica che si rifà a un’epoca di “necessità culinaria”.

    Gli agricoltori usavano portare la loro Farinella in un sacchetto chiamato “u Volz”, e la utilizzavano per cospargere i fioroni ed i fichi secchi mentre lavoravano nei campi. A cena usavano la Farinella come condimento per addensare il piatto, sul macco ovvero fave e cicorie, una specialità pugliese che è un purè di fave secche e di cicoria amara.

    Nelle case nobiliari la Farinella veniva usata come condimento per i piatti di pasta con salsa di pomodoro, condimento per le minestre, condimento per le insalate, per le olive, i fichi freschi e la frutta.

    A volte, veniva mescolata con lo zucchero per diventare un dessert. Spesso veniva utilizzata per addensare le bevande, che diventavano di fatto di più sostanziose.

    La cosa più rilevante è che la Farinella veniva mangiata e “goduta” perchè migliorava qualsiasi ingrediente a cui veniva aggiunta. Il sapore tostato persistente, che si lega al gusto dei ceci secchi, si abbina molto bene al sugo di pomodoro, e diventa  condimento su patate o olive in salamoia.

    farinella di putignano farinella of putignano figs fichi fioroni

    Uno dei modi migliori per assaggiarla è di gran lunga l’abitudine di usarla come condimento fresco, ad esempio per i fioroni o fichi giganti. L’intensa dolcezza di un fico perfettamente maturo con il sapore tostato della Farinella è un’abbinamento sublime. Inizia come una sensazione di morbido al palato, si intensifica con la dolcezza del frutto, ed il sapore finale lascia una gloriosa combinazione di dolce e salato.

    Nella biblioteca di Putignano, vi sono documenti che risalgono alla fine del 18 ° secolo che narrano di una Farinella nera fatta di terra e ceci neri arrostiti. Anche se oggi si sta riscoprendo in Puglia e Basilicata, la Farinella nera è molto difficile da trovare.

    La Farinella di Putignano è un condimento però la città di Putigano è anche molto famosa per una delle più antiche e più belle feste, ovvero il Carnevale di Putignano, il Carnevale più lungo in Europa, che si avvicina a festeggiare le 700 edizioni. Il simbolo principale del Carnevale di Putignano è un giullare, tradizionalmente vestito da arlecchino multi colore con cappello a doppia punta e con sonagli o campanelline. Il suo ruolo è quello di prendere in giro i VIP e le autorità. Il suo nome: Farinella di Putignano.

    farinella di putignano farinella of putignano maschera

    immagini by insearchoftaste.com

  • Chiacchiere di Carnevale, o crostoli, cenci, bugie …

    Chiacchiere di Carnevale, o crostoli, cenci, bugie …

    Chiacchiere di Carnevale, o crostoli, cenci, bugie …

    ricetta tratta da caramellosalato.com di Moira Picco

    Le chiacchiere di carnevale, o crostoli se siete in Friuli o frappe, galani, cenci, a seconda della regione d’Italia in cui vi trovate, sono il più tipico dolce di carnevale.

    Le chiacchiere di carnevale sono croccanti sfoglie di pasta, di forma rettangolare con uno o due tagli al centro tirate fini con il mattarello o con la macchina per la pasta, fritte in olio di semi e cosparse con zucchero a velo. Si ottengono così delle cialde croccanti, friabili e leggere che si sciolgono in bocca. Alcuni le fanno più fini, altri più spessi, a me piacciono molto sottili, infatti le tiro finissime con la macchina della pasta. Per realizzarle servono pochi e semplici ingredienti che solitamente ognuno ha in dispensa, come farina, uova, burro, zucchero.

    Ingredienti:

    280 gr. farina
    15 gr. frumina
    1/2 cucchiaino da te di lievito
    30 gr. zucchero
    1 bustina vanillina
    2 uova
    1 fialetta di aroma limone o succo di limone
    1 presa di sale
    25 gr. burro
    olio di semi per friggere

    Tempo di preparazione:

    20 minuti

    Tempo di cottura:

    2-3 minuti

    Procedimento:

    Versare su una spianatoia la farina, la frumina ed il lievito setacciati e fare un buco al centro

    Al centro versare lo zucchero, la vanillina, le uova, l’aroma al limone ed un pizzico di sale. Con una forchetta battere le uova ed iniziare a prendere un po’ di farina dai lati della fontana

    Quando avrete ottenuto un impasto denso potete versare il burro ammorbidito tagliato in piccoli pezzi

    Impastate pian piano tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo e compatto. Se il composto risulta troppo duro si può ammorbidire aggiungendo un po’ di acqua o volendo la stessa quantità di grappa. Coprite ora il panetto con pellicola e fate riposare per 30 minuti a temperatura ambiente

    Riprendete il panetto e dividetelo in 3 parti

    Fate passare ogni pezzo nella macchina della pasta partendo dal foro più grosso e facendolo passare più volte fino a quando risulta liscio. Quando la pasta è liscia può essere fatta passare nello spessore medio e poi in quello più sottile. Riponete le strisce sul piano di lavoro leggermente infarinato e tagliatele con la rotella dentellata in rettangoli, facendo due tagli centrali

    Scaldare l’olio di semi, meglio se di semi di arachidi, fino a 180 gradi ed immergete i crostoli, e i crostoli, rigirandoli, basteranno 2 minuti. Fate attenzione che la temperatura dell’olio non aumenti troppo, nel caso abbassate il gas e attendete che cali un po’

    Disponete i vostri crostoli sul piatto di portata e cospargeteli di zucchero a velo su ogni strato.

    immagini by caramellosalato.com

  • Il colore è di casa in Puglia

    Il colore è di casa in Puglia

    Il colore è di casa in Puglia.

    Dove il sole trasforma fichi e pomodorini, rossi, nei vicoli bianchi delle città, ed accompagna l’energia vitale del verde che diventa giallo nei campi di grano, nelle vigne, nei frantoi, e riscalda scogliere a picco e spiagge caraibiche lambite dal blu del mare, nel quale s’immerge lo sguardo lungo gli 860 km di costa.

    Arte, Storia, Folklore, Enogastronomia. Sono gli elementi caratteristici del Turismo made in Puglia.

    Ci si può incamminare sulle orme della storia tra le pietre sacre delle cattedrali romaniche, degli eremi scavati nella roccia o delle chiese barocche e tra le pietre profane dei castelli di Federico II, dei villaggi rupestri e degli interminabili muretti a secco che disegnano il paesaggio.

    Ci si può tuffare nel blu, nel verde, nell’azzurro e nelle innumerevoli sfumature di cui si colora il mare dal Gargano alla terra di Bari fino al profondo Salento e che fa da sfondo a un filo ininterrotto di paesi bianchi e centri storici abbarbicati su costoni rocciosi.

    Ci si può immergere nella profondità delle Grotte carsiche per poi riemergere e scoprire il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, le Riserve naturali e le Aree Marine Protette.

    Per chi vuole dedicarsi allo sport e all’avventura questo è il posto giusto, perché la Puglia si può scoprire attraverso gli itinerari di trekking o le ciclovie e le ippovie, tra uliveti secolari, querce e vigneti.

    E poi ci si può lasciar stuzzicare dai piatti Tipici di Puglia, da una fetta di Pane d’Altamura Dop condito con Pomodorini Fiaschetto di Torre Guaceto e Olio extra vergine di Oliva. O da un calice di Vino Primitivo di Gioia del Colle accompagnato da una fetta di Canestrato Pugliese Dop e taralli appena sfornati..

    Prodotti unici, preparati a mano, artigianali come i fischietti di Rutigliano, i Pumi di Grottaglie e i cestini in giunco di Acquarica del Capo.

    Agricoltura sociale e turismo responsabile, Agriturismo, B&B e masserie storiche, per chi dell’ecoturismo fa il proprio motto.

    Centri benessere e località termali per chi vuole dedicarsi alla cura del corpo e della mente in un soggiorno all’insegna del relax.

    Centri per congressi, aree fieristiche e sale meeting per chi in Puglia arriva per business.

    Dalla Murgia, alla Terra di Bari, dalla Valle d’Itria e Murgia Tarantina alla costiera Jonica, dal Gargano al Salento: la Puglia è la perfetta sintesi tra terra e mare, tra sacro e profano, tra feste patronali, riti legati alla tradizione e vie Francigene. E poi eventi, grandi festival, concerti musicali, rassegne cinematografiche e mostre d’arte.

    Facile da raggiungere (ha due importanti aeroporti), facile da girare e facile da programmare.

    Insomma, la meta perfetta per un viaggio. E si dice che uno solo non basti a gustarla tutta (vero!) e in attesa delle successive DISPENSA DEI TIPICI rappresenta il modo perfetto per imparare ad assaggiare ed a scoprire la Puglia!

    Cosa aspetti? Il colore è di casa in Puglia, colorati di Puglia!

    il colore è di casa in puglia the colors live in Puglia