Autore: Staff Dispensa dei Tipici

  • La Murgia dei Trulli e delle Grotte

    La Murgia dei Trulli e delle Grotte

    La Murgia dei Trulli e delle Grotte.

    La Murgia dei Trulli e delle Grotte (Bari, Puglia, Italia) è un continuo saliscendi attraverso scenari antichi, con masserie fortificate a ricordare l’antico pericolo dei pirati moreschi, e distese di vigne e olivi a riscontro delle produzioni d’orgoglio locale.

    La campagna di questa parte di Puglia è punteggiata dalle cuspidi di pietra dei primi trulli, che poi si concentrano ad Alberobello, e nel paesaggio dei ciliegi, dei mandorli e dei peschi spiccano cittadine con l’ellisse ben conservata del centro storico.

    Castellana Grotte, dove anche i più timorosi non potranno che stupirsi di fronte alle sue Grotte, un mondo sotterraneo modellato dall’acqua in alabastro.

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    Putignano che presenta il Carnevale, riconosciuto a livello mondiale per la bravura dei Mastri Cartapestai, tanto creativi e satirici, quanto artigiani antichi che oggi non è facile trovare altrove.

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    A Noci dove ci si innamora dell’enogastronomia di questa zona, che in realtà mette in mostra tutta la Puglia. Piccoli capolavori come olio e formaggio, che le botteghe offrono insieme ai taralli, ed i ristoranti abbinano ad alcuni piatti contadini come fave e cicoria, orecchiette e rape, e agnello al fornello.

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  • Fake news food

    Fake news food

    Fake news food.

     it is an article from Coldiretti Giovani Impresa – giovanimpresa.coldiretti.it

    With fake news food, for 3 Italians on 4 scary at table.

    Three Italians of four (equal to 66%) are concerned about the impact of what they eat on own health, also due to the fake news food on the characteristics of foods that are multiplying in the net and pushing on senseless and even dangerous behaviors.

    This is what emerges from the Coldiretti / ixe survey, which was presented at the Coldstream Campaign campaign organized by Coldiretti and the dall’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare during the training course, organized in collaboration with the Scuola Superiore della Magistratura.

    notizie bufala sul cibo fake news food news

    The web is becoming a place in which easily communicate fake news about food with a worrying avalanche effect in a situation where, according to the Coldiretti / Ixe ‘survey, 53% of Italians used it at least occasionally during the year to collect Information on the quality of food.

    About 25% of Italians participate in community / blog / internet chat focused on food, which affects purchasing choices in a not always correct and truthful way. “Incorrect food information has a greater weight than in other areas because it directly affects health. That is why we must pay particular attention to and be grateful to those who are committed to revealing deception, “said Coldiretti President Roberto Moncalvo. “The Internet, however, should not be criminalized because it can play an important role in a system where,” said Moncalvo, “food information unfortunately is likely to be influenced primarily by large multinationals through the availability of invested advertising resources.

    For us fake news food is also the advertising of oranges that contain just 12% of juice or that of olive oil of great brands that imagine Tuscan landscapes while it contains the one imported from Tunisia or still the ham that is made with pork Germans without any labeling information for consumers”.

    notizie bufala sul cibo fake news food-min

  • Notizie bufala sul cibo

    Notizie bufala sul cibo

    Notizie bufala sul cibo.

     è un articolo di Coldiretti Giovani Impresa – giovanimpresa.coldiretti.it

     Con le notizie bufala sul cibo, vere e proprie fake news, paura a tavola per 3 italiani su 4.

    Tre italiani su quattro (pari al 66%) sono preoccupati dell’impatto di quello che mangiano sulla salute anche per effetto delle fake news sulle caratteristiche dei cibi che si moltiplicano in rete e spingono a comportamenti insensati e anche pericolosi.

    E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti/ixe’ presentata in occasione della campagna #stopfakeatavola promossa dalla Coldiretti e dall’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare nell’ambito del corso di formazione, organizzato in collaborazione con la Scuola Superiore della Magistratura.

    notizie bufala sul cibo fake news food news

    Il web si configura sempre più come porto franco delle bufale sul cibo con un preoccupante effetto valanga in una situazione in cui, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’, il 53% degli italiani lo ha utilizzato almeno qualche volta durante l’anno per raccogliere informazioni sulla qualità dei prodotti alimentari.

    Ben il 25% degli italiani partecipa a community/blog/chat in internet centrate sul cibo, proprie o di altri, che influenzano le scelte di acquisto in modo non sempre corretto e veritiero. “La scorretta informazione nell’alimentare ha un peso più rilevante che negli altri settori perché va a influenzare direttamente la salute. Per questo dobbiamo prestare particolare attenzione ed essere grati a quanti sono impegnati nello smascherare gli inganni”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. “Internet però non va criminalizzato perché può svolgere un ruolo di controllo importante in un sistema in cui – ha precisato Moncalvo – l’informazione alimentare purtroppo rischia di essere influenzata soprattutto dalle grandi multinazionali grazie alla disponibilità di risorse pubblicitarie investite.

    Per noi bufala sul cibo è anche la pubblicità delle aranciate che contengono appena il 12% di succo o quella dell’olio di oliva di grandi marchi che fanno immaginare paesaggi toscani mentre contiene quello importato dalla Tunisia o ancora il prosciutto nostrano che è fatto con maiali tedeschi senza alcuna informazione in etichetta per i consumatori”.

    notizie bufala sul cibo fake news food-min

    foto by bbc.co.uk

  • Carciofini sott’olio

    Carciofini sott’olio

    Carciofini sott’olio.

     I carciofini sott’olio si presentano a capolini interi, o talvolta divisi a metà o in quarti, di colore giallo di diversa tonalità.

    Per la preparazione dei carciofini sott’olio (Cynara cardunculus L. subsp scolymus Hayek) vengono impiegati i capolini raccolti nell’ultima fase di lavorazione (aprile-maggio) delle cv. Violetto di Provenza detto Francesino e “Catanese” o “Violetto di Sicilia” che assume numerosissimi sinonimi.

    Il prodotto si presenta con capolini interi, o talvolta divisi a metà o in quarti, di colore giallo di diversa tonalità e venduti in contenitori di vetro o latta conservati in olio extravergine di oliva pugliese oppure in altri oli.

    Categoria del prodotto:

    Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati.

    Altre denominazioni

    Area di origine del prodotto

    Puglia e Basilicata (Italia).

    Processo Produttivo

    I cuori di carciofo si immergono in acqua acidulata con succo di limone per evitarne l’ossidazione e quindi l’annerimento.

    I cuori di carciofo così ottenuti vengono cotti per pochi minuti in aceto con aggiunta di succo di limone e sale.

    Si fanno scolare, raffreddare e si sistemano in vasetti di vetro (preventivamente sterilizzati a bagnomaria), si condiscono a piacere con aglio, prezzemolo, peperoncino, chiodi di garofano e infine si coprono con olio extra vergine di oliva.

    carciofini sott'olio small artichokes in oil-min

    Periodo di produzione

    Primavera.

    Storia e tradizione

    Gammino (1981) afferma che i carciofini sott’olio prodotti da sette industrie in provincia di Foggia all’epoca superavano i 53 milioni di pezzi.

    Gammino M., 1981. Indagini sulla trasformazione e commercializzazione dei prodotti orticoli in Puglia con particolare riguardo alla provincia di Foggia. Tesi di laurea. Fac. Agr. Univ. Bari.

    descrizione tratta da Atlante dei Prodotti Tipici di Puglia Prima edizione – Ottobre 2006

  • Small artichokes in oil

    Small artichokes in oil

    Small artichokes in oil.

     Small artichokes in oil come in full blossoms, or sometimes divided into half or quarter, coloured of different yellow.

    For the preparation of snall artichokes in oil (Cynara cardunculus L. subsp scolymus Hayek), the caps collected during the last working phase (April-May) of the Violet of Provence called Francesino and “Catanese” or “Violet of Sicily” which takes many synonyms.

    The product comes with whole, or sometimes split, mid-or quarts of different yellow color and preserved in glass or tin containers preserved in extra virgin olive oil from Puglia or in other oils.

    Product category

    Vegetable products, fresh or processed.

    Other naming

    Production origin area

    Apulia and Basilicata (Italy).

    Production process

    Artichoke hearts are immersed in acidified water with lemon juice to avoid oxidation and darkening.

    The artichokes thus obtained are cooked for a few minutes in vinegar with the addition of lemon juice and salt.

    They are drained, cooled and placed in glass jars (previously sterilized), they are seasoned with garlic, parsley, chili pepper, cloves and then covered with extra virgin olive oil.

    carciofini sott'olio small artichokes in oil-min

    Production period

    Spring.

    History and tradition

    Gammino (1981) states that artichoke in oil were produced by seven industries in the province of Foggia (Apulia, Italy) and at that time exceeded 53 million pieces.

    Gammino M., 1981. Investigations on the transformation and marketing of horticultural products from Apuliaa with particular regard to the province of Foggia. Thesis. Faculty of Agronomics Sciende University of Bari.

    description from Atlas of Typical Products from Puglia – First Edition – October 2006

  • Caciocavallo Cheese

    Caciocavallo Cheese

    Caciocavallo Cheese.

    The caciocavallo cheese is a semi-hard spun paste cheese, made from cow’s milk. The shape is a pear with the head and the weight varying from 1 to 3 kg.

    Crust is thin, smooth, pale yellow color marked. The paste is homogeneous, with small holes, and white or straw yellow color more intense towards the outside. The flavor, influenced by the period of maturation, can range from very mild to strong.

    Product category

    Cheeses

    Other naming

    Production origin area

    Puglia e Basilicata (Italy)

    Production process

    After filtration, the raw cow’s milk is acidified by addition of natural whey, resulting from previous operations.

    The coagulation, after heating the milk to a temperature of ca. 40 ° C, is obtained by the addition of liquid bovine rennet (ca. 25 ml per 100 kg).

    The manual breaking of the curd by wooden sticks is useful to obtain granules to the size of a grain of rice.

    The curd rests in whey for a time of ca. 3 h, followed by cutting into loaves and a subsequent rest of ca. 20 min.

    The loaves are further cut into strips to facilitate the spinning is performed at ca. 80 ° C in buttermilk. With the spinning operation, the curd is molded in the classic pear shaped head and then tied with nylon thread or natural fiber.

    The individual forms are placed in cold water for times as a function of variable dimensions, up to firming.

    Salting takes place in brine at a temperature of 15-20 ° C. The shapes remain immersed in the brine for a time equal to ca. 8-9 h per kg of product.

    Depending on the type, the maturation is continued for a period of 2-12 months at a temperature of ca. 15 ° C..

    Production period

    All year long

    History and tradition

    The name Caciocavallo cheese originated from the cheese seasoning mode of cheeses tied together, riding on a stick.

    A particular type of Caciocavallo Caciocavallo is the Caciocavallo Podolico, the location of the podolian animals has focused almost exclusively on the Garganico Promontory where water is scarce and survival is difficult. The breed podolica supposed to have been domesticated in the Middle East in the fourth millennium BC.

    description from Atlas of Typical Products from Puglia – First Edition – October 2006

    images by cheesemaking.com

  • Caciocavallo

    Caciocavallo

    Caciocavallo.

    Il caciocavallo è un formaggio a pasta filata semidura, ottenuto da latte vaccino. La forma è a pera con testina ed il peso variabile da 1 a 3 kg.

    La crosta è sottile, liscia, di marcato colore giallo paglierino. La pasta è omogenea, scagliosa nelle forme a lunga stagionatura, con lieve occhiatura, e di colore bianco o giallo paglierino più intenso verso l’esterno. Il sapore, influenzato dal periodo di stagionatura, può variare da molto delicato a piccante.

    Categoria del prodotto

    Formaggi

    Altre denominazioni

    Area di origine del prodotto

    Puglia e Basilicata (Italia)

    Processo Produttivo

    Dopo filtrazione, il latte vaccino crudo è acidificato per aggiunta di siero-innesto naturale, derivante da precedenti lavorazioni.

    La coagulazione, previo riscaldamento del latte ad una temperatura di ca. 40°C, è ottenuta mediante aggiunta di caglio bovino liquido (ca. 25 ml per 100 kg).

    La rottura manuale della cagliata mediante spini di legno si prosegue fino ad ottenere granuli della grandezza di un chicco di riso.

    La sosta della cagliata sotto siero è protratta per un tempo di ca. 3 h, cui segue il taglio in pani ed una successiva sosta di ca. 20 min.

    I pani sono ulteriormente tagliati in listelle per facilitare la filatura che è eseguita a ca. 80°C in latticello. Con l’operazione di filatura la cagliata è modellata nella classica forma a pera con testina e poi legata con filo di nylon o fibra naturale.

    Le singole forme sono poste in acqua fredda per tempi variabili in funzione delle dimensioni, fino a rassodamento.

    La salatura avviene in salamoia alla temperatura di 15-20°C. Le forme rimangono immerse nella salamoia per un tempo pari a ca. 8-9 h per kg di prodotto.

    In funzione della tipologia, la maturazione è protratta per un periodo di 2-12 mesi alla temperatura di ca. 15°C.

    Periodo di produzione

    Tutto l’anno

    Storia e tradizione

    Il nome caciocavallo ha origine dalla modalità di stagionatura delle provole legate insieme, a cavallo di un bastone.

    Una particolare tipologia di Caciocavallo è il Caciocavallo Podolico, la localizzazione degli animali di razza podolica è concentrata quasi esclusivamente sul promontorio Garganico dove l’acqua è scarsa e la sopravvivenza è difficile. La razza podolica si suppone sia stata addomesticata in Medio Oriente nel IV millennio a.C.

    descrizione tratta da Atlante dei Prodotti Tipici di Puglia Prima edizione – Ottobre 2006

    immagini by cheesemaking.com

  • Mangia che ti fanno bene.. le fave

    Mangia che ti fanno bene.. le fave

    Mangia che ti fanno bene.. le fave.

    Articolo tratto da biodiversitapuglia.it di Antonella Berlen

    Mangia, che ti fa bene, sollecitava pazientemente la nonna, mentre piccina, davanti a una minestra di zucca e fave con la buccia.

    Facevo vagare con ostinata lentezza il mio cucchiaio per il fondo buio e denso del piatto, nell’impresa di allontanare tutti i pezzi di zucca dallo sgradito contatto con le fave dal nasello inquietante, e dai sospetti pezzi di aglio che lucevano, pallidi, sotto numerosi giri di olio.

    Quella minestra proprio non riuscivo a mandarla giù. E non mi era nemmeno chiaro come potesse farmi tutto quel bene di cui era convinta la nonna, che, sicuro, pensavo mentisse spudoratamente per convincermi a mangiarne.

    Quando ci penso mi rivedo, in un dipinto di contadini al desco, illuminata da una luce fioca, con gli occhi alla carta moschicida che pendeva dalla lampada, a cercare di contare quante mosche, volando volando, avvicinandosi alla luce, ne restassero imprigionate.

    E guardandole, a spingere cautamente il piatto verso il centro del tavolo, nella speranza che qualche fortunata, nel tentativo di staccarsi, perdesse un’ala e vi precipitasse dentro, salvandomi da quella minestra.

    Ma la carta moschicida era micidiale e quell’evento, mortificando le mie aspettative, non si verificava mai.

    E anche se fosse accaduto, ripensandoci, non sono proprio certa che la nonna avrebbe passato, al cane o alle galline, il pasto non gradito.

    La nonna avrebbe ripescato la povera mosca e il piatto sarebbe rimasto a tavola. Anche se in quel caso avrei potuto motivare il rifiuto di mangiarne e chiedere in sostituzione pane e formaggio…

    Ma come facevo a confessare che non riuscivo a riempire quel cucchiaio perché mi facevano paura le fave? E che era a causa di quelle loro labbra sottili e ricurve che mi rendevano vivo e ghignante il legume che mi guardava dal piatto, che non mi decidevo a portarlo alla bocca?

    Con gli occhi fissi sul piatto, mi limitavo a dirle: non mi piacciono!

    E la nonna, a rispondere: ma se non le hai ancora assaggiate.

    Ed io, a chiudere quel risicato scambio di parole: lo so e basta!

    A quel punto, la nonna, con un gran sospiro, si convinceva ad eliminare le fave, che erano quelle che mi facevano meglio di tutto, ed io, sgocciolandoli per bene dal fondo di cottura, recuperavo tutti i pezzi di zucca e li mangiavo.

    Sapevano di tegame di terracotta. Di olio e di aglio. E di fave.

    E non erano niente male, ma io, nonostante cominciassi segretamente a familiarizzare con quel sapore, seguitavo a mangiare con lentezza accompagnata da aria di grande costrizione, per dimostrare, nonostante la rimozione del legume, tutto lo sforzo che mi costava accontentarla.

    Così, piano piano, attraverso il sapore mediato e veicolato da quei pezzi di zucca, dopo aver contrattato l’eliminazione del nasello, ho imparato, crescendo, ad accettare il piatto completo e ad apprezzare quella solida e preziosa minestra.

    E ho capito, a distanza di tempo, che la nonna non mentiva incitandomi a mangiare quel piatto di fave e zucca e che il suo convinto e affettuoso, mangia che ti fa bene, a qualunque alimento si riferisse, aglio, zucca o fave con la buccia, tutti prodotti della sua campagna, era convinto, sincero e consapevole.

    La nonna curava amorevolmente i suoi campi mentre il nonno era in America e ci teneva particolarmente che mangiassi le fave perché, da brava contadina qual era, ne conosceva e apprezzava per esperienza, sia il sapore che tutte le proprietà benefiche.

    Erano facili da coltivare e facevano bene al terreno, potevano essere gustate fresche e verdoline in primavera, dopo averle tirate fuori dalla buccia, da sole o accompagnate da pane e formaggio di pecora, e secche in inverno, con la buccia o senza, in zuppe e minestre saporite, cotte sotto la cenere o fritte.

    La nonna non conosceva sicuramente termini quali azoto, sali minerali, acido folico, potassio, antiossidanti, steroli vegetali e fibre alimentari, né i nomi di tutti i minerali contenuti in quelle fave, e neanche da quanto tempo esistevano su questa terra e da dove arrivavano. Le bastava sapere che c’erano, ed erano ottime da cucinare e utili ad “andare di corpo” con regolarità, a mantenere bassa la pressione corporea e, ricche di ferro com’erano, a curare le anemie. Cosa si poteva volere di più da una fava?

    Ogni bravo contadino, all’epoca, aveva dentro di sé un navigato farmacista naturale, esperto non in cosa contenessero determinati cibi o erbe, ma per cosa fossero utili, a curare o a prevenire.

    E la nonna era una buona contadina.

    E il suo mangia, che ti fa bene, ci stava proprio tutto.

    Ma chissà cosa avrebbe pensato, se in un momento di fantasiosa premonizione infantile, con il piatto davanti, le avessi svelato che quelle fave avrebbero percorso tanta strada, e a 50 anni di distanza sarebbero arrivate in alto, ma molto più in alto di qualsiasi altro legume contemplato nelle favole.

    Perché una principessa coraggiosa e determinata avrebbe viaggiato tra stelle, pianeti e buchi neri, e all’interno di un castello volante costruito con fibre di acciaio delle più forti, si sarebbe mossa tranquilla e attenta nello spazio silenzioso, portandosi dietro fagioli, lenticchie, fave e ceci neri, a conferma delle sue sane abitudini alimentari e del fatto che, nelle favole, tra principesse e legumi c’è sempre stato un certo feeling.

    La nonna mi avrebbe ascoltata con la sua santa pazienza e pur non essendo in grado di cogliere l’opportunità scientifica di tale rivelazione, avrebbe approfittato dell’utilità immediata della mia fantasia, e sull’orlo dell’esasperazione avrebbe concluso: Hai visto?

    Se l’è portate perché fanno bene!

    Quindi, smettila di fare tutte queste mosse, e mangia!

    La nonna metteva a “bagno “, le fave, in abbondante acqua, la sera.

    Il mattino successivo le passava, dentro “u’ pignatidd”, che sistemava in un angolo del camino destinato alla cucina, con foglie di alloro, grani di pepe e acqua.

    Quindi tagliava dalla parte centrale di una grossa cipolla una fetta bella alta e la sistemava sulla bocca del tegame.

    Non mi sono mai chiesta se lo facesse per sostituire un coperchio andato in pezzi, oppure per approfittare del vapore e cuocere anche la cipolla, che poi mangiava a parte, condita con olio e sale.

    Ogni tanto andava a controllare la cottura e, aggiungeva, se necessario, altra acqua calda, che teneva di riserva, in un pentolino. Poco prima che arrivassero a cottura regolava di sale.

    Nel frattempo cuoceva la zucca, tagliata a pezzi non troppo piccoli, e la teneva da parte, in un piatto coperto da un altro piatto, sotto un telo.

    Pronte le fave, le tirava fuori dall’acqua e le aggiungeva alla zucca, aggiustava di sale, se necessario, e completava il tutto con uno spicchio d’aglio a piccoli pezzi e un generoso giro d’olio di oliva.

    immagini by biodiversitapuglia.it

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  • Almond from Toritto

    Almond from Toritto

    Almond from Toritto.

    Almond from Toritto is the fruit of the almond tree, Amygdalus communis L., and is obtained from the native cultivar ‘Filippo Ceo’ also called ‘Aminue’ (at least 70%), ‘Antonio De Vito’ (up to 20%) and other cultivars (up to 10%).

    The almond Filippo Cea is characterized by a fruit in shell from the weight of 5 g, the seed from an average weight of 1.6 g with a percentage of seeds double or twin around 30%. For its strong pastiness is indicated for the preparation of sweets to which confers intense and pleasant aroma and for the preparation of almond milk.

    The almonds are well preserved inside their shells; if shelled, should be kept as much as possible away from light, air, heat.

    The almond from Toritto or almonds from Toritto, generally, are sold in sealed packages; if they are sold in bulk should be stored in closed containers to prevent rancidity.

    Product category

    Vegetable products in their natural state or processed

    Other names

    Aminue

    Area of origin

    the town of Toritto (Bari, Puglia, Italy)

    Productive process

    The plants are cultivated with three branches.

    The winter production pruning takes into account that the fruiting occurs primarily on darts.

    The average flowering time falls in the second half of February.

    The harvest generally takes place in August-September by beating consisting in beating the branches with long poles to make the mature product fell down.

    Fruits harvested are freed from the husk and placed to dry so that the water content is less than 7%; this ensures a good conservation of the product.

    The production in almonds without the husk is high and can reach an average of 1.3 t / ha.

    Production period

    Summer.

    History and tradition

    In the province of Bari the cultivation of almonds was widespread and affected the agricultural landscape and popular culture: just think of the heritage of Puglia peasant songs linked to long operations concerning the almond working.

    In the town of Toritto they select several cultivars that carrying the name of famous citizens of Toritto: the ‘Antonio De Vito’, the ‘Genco’ and ‘Filippo Cea’ (of which survives the first plant in the town of Toritto).

    description from Atlas of Apulian products “Atlante dei Prodotti Tipici di Puglia Prima edizione – Ottobre 2006”

     images by mondodelgusto.itradicifuturemagazine.itgamberorosso.itpugliamonamour.it – imgrum.org

  • Mandorla di Toritto

    Mandorla di Toritto

    Mandorla di Toritto.

    La mandorla di Toritto è il frutto del mandorlo, Amygdalus communis L. e si ottiene dalle cultivar autoctone ‘Filippo Cea’ detta anche ‘Aminue’ (almeno il 70%), ‘Antonio De Vito’ (fino al 20%) e altre cultivar (fino al 10%).

    La mandorla Filippo Cea è caratterizzata da un frutto in guscio dal peso di 5 g, il seme da un peso medio di 1,6 g con una percentuale di semi doppi o gemellari intorno al 30%. Per la sua spiccata pastosità è indicata per la preparazione di dolci a cui conferisce aroma intenso e piacevole e per la preparazione del latte di mandorla.

    Le mandorle si conservano ottimamente all’interno del loro guscio; se sgusciate, vanno conservate il più possibile al riparo da luce, aria, calore.

    Le mandorle di Toritto, generalmente, vengono commercializzate in confezioni sigillate; se vengono vendute sfuse devono essere conservate in recipienti chiusi per evitare l’irrancidimento.

    Categoria del prodotto

    Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati

    Altre denominazioni

    Aminue

    Area di origine del prodotto

    il comune di Toritto (Bari, Puglia, Italia)

    Processo Produttivo

    Le piante sono allevate a vaso con tre branche. La potatura di produzione invernale tiene conto che la fruttificazione avviene principalmente sui dardi.

    L’epoca media di fioritura ricade nella seconda metà di febbraio.

    La raccolta avviene generalmente in agosto – settembre mediante bacchiatura consistente nel battere con lunghe pertiche i rami per farne cadere a terra il prodotto ormai maturo.

    I frutti raccolti vengono liberati dal mallo e posti ad asciugare affinché il contenuto di acqua risulti inferiore al 7%; questo assicura una buona conservazione del prodotto.

    La produzione in mandorle prive del mallo è elevata e può raggiungere in media 1,3 t/ha.

    Periodo di produzione

    Estate

    Storia e tradizione

    In provincia di Bari la mandorlicoltura era diffusissima e ha influenzato il paesaggio agrario e la cultura popolare: basti pensare al patrimonio di canzoni contadine pugliesi legato alle lunghe operazioni di smallatura.

    Nel comune di Toritto sono state selezionate varie cultivar che portano il nome di illustri cittadini di Toritto: la ‘Antonio De Vito’, la ‘Genco’ e la ‘Filippo Ceo’ (di cui sopravvive la pianta “madre” in località Matine di Toritto).

    descrizione tratta da Atlante dei Prodotti Tipici di Puglia Prima edizione – Ottobre 2006

     immagini by mondodelgusto.itradicifuturemagazine.itgamberorosso.itpugliamonamour.it – imgrum.org