Autore: NEU – nuovo e utile

  • TURISMO: L’INDUSTRIA PIÙ PESANTE (E PARADOSSALE) DEL NOSTRO TEMPO

    TURISMO: L’INDUSTRIA PIÙ PESANTE (E PARADOSSALE) DEL NOSTRO TEMPO

    TURISMO: L’INDUSTRIA PIÙ PESANTE (E PARADOSSALE) DEL NOSTRO TEMPO.

     Viviamo (e chissà se ce ne siamo davvero accorti) nell’età del turismo.

    neu nuovo e utile

    é una news di www.nuovoeutile.it

     È la più importante industria del nostro tempo, ed è la più inquinante: produce CO2 e consuma territorio. Alimenta un indotto gigantesco: c’è la produzione di aerei, navi, treni e auto e pullman, che senza turismo subirebbe una forte flessione. C’è la costruzione di strade e aeroporti. Di alberghi, villaggi e seconde case e campi da golf e piscine. C’è la fabbricazione di arredi e suppellettili e biancheria per alberghi e seconde case.

     E c’è la produzione di souvenir e di skilift, di sci, scarponi e costumi da bagno, di ciabatte e zaini e valigie e cappellini e creme solari… poi, c’è tutta l’editoria dedicata, su carta e in rete. Ci sono Google Maps e Tripadvisor.

    IL 10 PER CENTO DEL PIL MONDIALE.

     Senza calcolare l’incalcolabile indotto, il turismo internazionale vale 1522 miliardi di dollari (Wto – Organizzazione Mondiale del commercio, 2015). Il turismo locale vale molto di più: 7600 miliardi di dollari nel 2014, il 10 per cento del pil mondiale.

    SPAGNA E ITALIA.

     In Spagna, prima meta turistica al mondo, il turismo vale oltre il 15 per cento del pil e dei posti di lavoro. In Italia vale il 10,2 per cento del pil e l’11,6 per cento dell’occupazione (dati 2015). In Costa Rica (link: www.nuovoeutile.it) il turismo arriva a impiegare il 27 per cento della forza lavoro (e, grazie alla tutela del paesaggio, regala un futuro diverso all’intera nazione).

    LA GIOSTRA CHE CI MUOVE.

     Insomma, il turismo è una giostra su cui buona parte della popolazione mondiale è salita (o salirà tra breve), nei ruoli più o meno intercambiabili di viaggiatore o turista, o spettatore, o lavoratore del turismo. È un fenomeno globale, pervasivo e relativamente recente. C’è un’enorme letteratura sui luoghi del turismo, c’è un’ampia produzione di scritti sul marketing e la promozione turistica. Ma i ragionamenti sul turismo in sé, come nuovo stile di vita, sistema e comportamento condiviso, sono scarsi e frammentari.

    Turismo - tourism 1-min

    VOLENTEROSE ILLUSIONI.

     Con Il selfie del mondo (Feltrinelli) (link: www.amazon.it), Marco D’Eramo ci aiuta a capire come la giostra funziona, che cosa la muove e che cosa può romperla. Soprattutto, ci dice che la giostra è fatta di specchi, e che si fonda sul paradosso. Per questo, parlando di turismo, Il selfie del mondo ci parla di noi e dei nostri desideri, delle nostre illusioni e (infine) della nostra buona volontà.

    UN NOBILE PIACERE.

     In passato la gente non si muoveva se non era obbligata a farlo. Nel Cinquecento, solo i figli dei nobili viaggiano per piacere e formazione. Nel Settecento, “aver visto il mondo” diventa obbligatorio per un gentiluomo, a cui si consiglia di andare in giro con un blocco da disegno. Nasce così la categoria del “pittoresco”: ciò che salta all’occhio, è esotico ed è facile da dipingere.

    Turismo - tourism 1-min

    BRUTTI E TANTI.

     Il turismo si espande a metà Ottocento, con la sbalorditiva diffusione dei mezzi di trasporto, e suscita nei nobili turisti tradizionali enorme fastidio per i “nuovi” e “brutti” e “tanti” turisti borghesi. Questi hanno mete che oggi ci sembrano stravaganti. A Parigi visitano le fogne, le prigioni e (lo racconta Marc Twain) l’obitorio.

    RIVOLUZIONE TURISTICA.

     Ma la rivoluzione turistica mondiale si verifica nel secondo dopoguerra: si passa da 25,3 milioni di viaggiatori internazionali nel 1950 al miliardo 186 milioni del 2015 (dato WTO). Il turismo non solo si globalizza grazie ai voli low cost, ma si specializza irreggimentando pubblici diversi (anziani, congressisti, studenti, fedeli in visita ai luoghii sacri…). E, scrive d’Eramo, si ingarbuglia (ingarbugliando anche noi) in una serie di paradossi disturbanti.

    PRIMO PARADOSSO: IL TURISMO FUGGE DA SE STESSO.

     Ogni meta desiderabile perché “autentica” ed “esclusiva” smette gradualmente di esserlo man mano che si trasforma in meta turistica. E poi, più un luogo “va visto”, meno diventa possibile vederlo, perché… è pieno di turisti.

    SECONDO PARADOSSO: L’AUTENTICA FINZIONE.

     I turisti ricercano l’autenticità, ma la individuano solo se è evidenziata, quindi “messa in scena”, quindi ostentata e inautentica. Questo fatto porta al terzo paradosso.

    TERZO PARADOSSO: LA TRADIZIONE INVENTATA.

     Per esempio, il Palio di Siena viene medievalizzato nel 1904. E i mercati “tipici” come il Mercado de San Miguel a Madrid finiscono per vendere solo ciò che i turisti si aspettano di poter comprare.

    QUARTO PARADOSSO: L’ENTROPIA TURISTICA.

     il turismo alimenta l’economia delle città e dei territori, ma la omogeneizza distruggendo le basi economiche su cui si fonda l’identità di quelle città e di quei territori. Nel Chiantishire i casolari diventano ville, nel centro delle città le botteghe diventano negozi di souvenir. I piccoli centri come San Gimignano si trasformano in un parco a tema.

    Turismo - tourism 1-min

    QUINTO PARADOSSO: IL TOCCO LETALE.

     Il tocco dell’Unesco è – scrive D’Eramo — letale. Preservando le pietre e gli edifici, l’etichetta di Patrimonio dell’Umanità, anche se attribuita in perfetta buona fede, museifica i luoghi, li sterilizza, costringe gli abitanti all’esodo svuotando i centri urbani.

    SESTO PARADOSSO: IL FALSO È VERITÀ.

     L’inautentico turistico è un autentico (e dunque rimarchevole) segno del nostro tempo. Basti pensare al caso di Lijang, città turistica cinese interamente ricostruita, (oltre 20 milioni di turisti nel 2013). O al caso di Las Vegas. Due insediamenti che raccontano una verità proprio nel loro essere fenomeni del tutto artificiali

    SETTIMO PARADOSSO: FARE IL TURISTA È UN LAVORO DURO.

     Le persone si assumono volontariamente il compito di eseguirlo mentre sono in ferie, cercando di sfruttare con la massima efficacia il poco tempo disponibile. Un dettaglio rivelatore: quelli che dicono “ho fatto il Brasile, l’anno prossimo farò l’Asia centrale”. Che fatica…

    OTTAVO PARADOSSO: “LOCALE” È DAPPERTUTTO.

     Parliamo di gastronomia. Si moltiplicano le sagre enogastronomiche: in Italia sono oltre 34.000, più di quattro a comune. Abbiamo 1515 sagre della polenta e 1040 sagre della salsiccia, 5790 sagre del tartufo, 156 sagre della lumaca e 171 della rana… e si moltiplicano anche i ristoranti etnici, perché i turisti amano gustare di nuovo i sapori incontrati in vacanza. Ma la “cucina etnica” è come la “musica etnica”: ingredienti tradizionali riarrangiati per un pubblico globale.

    NONO PARADOSSO: NESSUN TURISTA VUOLE SENTIRSI TALE.

     Preferisce considerare se stesso un “viaggiatore”, e riversare il proprio disprezzo su qualcun altro che si comporta più “da turista”. La catena del disprezzo classista è forte: lo svago delle masse, che è recentissimo, ha ricevuto dagli intellettuali più critiche in dieci anni di quante il tempo libero degli aristocratici ne abbia ricevute in duemila anni.

    UN VIAGGIO TRA FENOMENI.

     Il testo di Marco D’Eramo è a sua volta un viaggio. Cioè un percorso tra fenomeni, luoghi, idee, dati, idiosincrasie, intuizioni e contraddizioni, e mille storie sorprendenti. Ma, proprio come capita nei viaggi materiali, anche procedendo di pagina in pagina l’autore entra in contatto con prospettive inaspettate e ne esce cambiato. E con lui noi, che l’abbiamo seguito leggendo.

    Turismo - tourism 1-min

    C’È DEL BUONO, TUTTAVIA.

     La chiave del cambiamento di prospettiva sta in una serie di domande semplicissime: …e se il turismo fosse animato dal movente positivo dell’essere curiosi del mondo? E se non si trattasse d’altro che di una pratica di automiglioramento (self improvement) corporeo, emotivo e intellettuale? Del resto, in quale altra occupazione che la renda più felice potrebbe una sterminata massa di esseri umani investire il suo tempo libero? C’è qualcosa di commovente, scrive D’Eramo, nella fiducia che andare a visitare una città, un monumento, un paese possa aprirti la mente, renderti migliore.

    NOSTALGIA, FORSE.

     Eppure, la bistrattata figura del turista forse non durerà per sempre. Potremmo perfino cominciare a coltivare, nei suoi confronti, una specie di nostalgia. Il cambiamento del lavoro, che diventa sempre meno stabile, può cambiare l’idea stessa di “vacanza”. E lo sguardo turistico che cerca il nuovo, l’autentico e l’inaspettato, forse si appannerà dopo aver già visto in rete tutto ciò che merita di essere visto.

    Scritto da Annamaria Testa per il suo sito web Nuovo e Utile, teorie e pratiche della creativitá
    (link: www.nuovoeutile.it)

    neu nuovo e utile

    Nuovo e Utile è un sito di teorie e pratiche della creatività e non ha scopo di lucro. Vuole trasmettere una visione della creatività come stile di pensiero orientato a produrre risultati originali ed efficaci.

    Puoi leggere tutti gli articoli sul sito NeU – Nuovo e Utile, teorie e pratiche della creativitá.
    (link: www.nuovoeutile.it)

    É un progetto di Annamaria Testa
    (link: www.annamariatesta.it)

    foto credits
    (link: www.pixabay.com; www.nuovoeutile.it)

    www.tipici.news

    #Tipici
    #Puglia #Basilicata

  • TOURISM IS THE HEAVIEST (AND THE MOST PARADOXICAL) INDUSTRY OF OUR TIME

    TOURISM IS THE HEAVIEST (AND THE MOST PARADOXICAL) INDUSTRY OF OUR TIME

    TOURISM IS THE HEAVIEST (AND THE MOST PARADOXICAL) INDUSTRY OF OUR TIME.

    We are living (but, who does know if we really have realized this already?) in the tourism era.

    neu nuovo e utile

    it is a news by www.nuovoeutile.it

     Tourism is the most important industry of our time, also it is the most polluting: it produces CO2 and it erodes lands. It feeds a huge satellite activities: there are the planes, ships, trains and cars and buses manufacturers which would suffer a sharp decline without tourism.

     There are the roads and airports building sectors.More, there are the hotels, villages, second homes, golf courses and swimming pools building sectors. There are the manufacturing sectors whose produce furnitures for hotels and second homes. Then there are the souvenirs and skilift, skis, boots and bathing suits, slippers and backpacks and suitcases and caps and sunscreens manufacturers… and there are all the stakeholders working for advertising, publishing, on paper and online. Finally, there are Google Maps and Tripadvisor.

    10 PERCENT OF WORLD GDP.

     International tourism value is 1522 billion dollars (Wto – World Trade Organization, 2015). Incalculable satellite activities are not included. Local tourism value is much more: 7600 billion dollars in 2014, 10 percent of world GDP.

    SPAIN AND ITALY.

     The world’s first tourist destination is Spain, here tourism value is more than 15 percent of internal GDP and workforce. In Italy turism represent the 10.2 percent of internal GDP and 11.6 percent of workforce (2015 data). In Costa Rica (link: www.nuovoeutile.it) tourism represent 27 percent of the workforce (and, in combination with laws about land protection, it is concretizing a different future for the whole nation).

    THE CAROUSEL WHICH IS MAKING US MOVING.

    Insomma, il turismo è una giostra su cui buona parte della popolazione mondiale è salita (o salirà tra breve), nei ruoli più o meno intercambiabili di viaggiatore o turista, o spettatore, o lavoratore del turismo. È un fenomeno globale, pervasivo e relativamente recente. C’è un’enorme letteratura sui luoghi del turismo, c’è un’ampia produzione di scritti sul marketing e la promozione turistica. Ma i ragionamenti sul turismo in sé, come nuovo stile di vita, sistema e comportamento condiviso, sono scarsi e frammentari.

    VOLENTEROSE ILLUSIONI.

    Con Il selfie del mondo (Feltrinelli), Marco D’Eramo ci aiuta a capire come la giostra funziona, che cosa la muove e che cosa può romperla. Soprattutto, ci dice che la giostra è fatta di specchi, e che si fonda sul paradosso. Per questo, parlando di turismo, Il selfie del mondo ci parla di noi e dei nostri desideri, delle nostre illusioni e (infine) della nostra buona volontà.

    UN NOBILE PIACERE.

    In passato la gente non si muoveva se non era obbligata a farlo. Nel Cinquecento, solo i figli dei nobili viaggiano per piacere e formazione. Nel Settecento, “aver visto il mondo” diventa obbligatorio per un gentiluomo, a cui si consiglia di andare in giro con un blocco da disegno. Nasce così la categoria del “pittoresco”: ciò che salta all’occhio, è esotico ed è facile da dipingere.

    Turismo - tourism 1-min

    BRUTTI E TANTI.

    Il turismo si espande a metà Ottocento, con la sbalorditiva diffusione dei mezzi di trasporto, e suscita nei nobili turisti tradizionali enorme fastidio per i “nuovi” e “brutti” e “tanti” turisti borghesi. Questi hanno mete che oggi ci sembrano stravaganti. A Parigi visitano le fogne, le prigioni e (lo racconta Marc Twain) l’obitorio.

    RIVOLUZIONE TURISTICA.

    Ma la rivoluzione turistica mondiale si verifica nel secondo dopoguerra: si passa da 25,3 milioni di viaggiatori internazionali nel 1950 al miliardo 186 milioni del 2015 (dato WTO). Il turismo non solo si globalizza grazie ai voli low cost, ma si specializza irreggimentando pubblici diversi (anziani, congressisti, studenti, fedeli in visita ai luoghii sacri…). E, scrive d’Eramo, si ingarbuglia (ingarbugliando anche noi) in una serie di paradossi disturbanti.

    PRIMO PARADOSSO: IL TURISMO FUGGE DA SE STESSO.

    Ogni meta desiderabile perché “autentica” ed “esclusiva” smette gradualmente di esserlo man mano che si trasforma in meta turistica. E poi, più un luogo “va visto”, meno diventa possibile vederlo, perché… è pieno di turisti.

    SECONDO PARADOSSO: L’AUTENTICA FINZIONE.

    I turisti ricercano l’autenticità, ma la individuano solo se è evidenziata, quindi “messa in scena”, quindi ostentata e inautentica. Questo fatto porta al terzo paradosso.

    TERZO PARADOSSO: LA TRADIZIONE INVENTATA.

    Per esempio, il Palio di Siena viene medievalizzato nel 1904. E i mercati “tipici” come il Mercado de San Miguel a Madrid finiscono per vendere solo ciò che i turisti si aspettano di poter comprare.

    QUARTO PARADOSSO: L’ENTROPIA TURISTICA.

    il turismo alimenta l’economia delle città e dei territori, ma la omogeneizza distruggendo le basi economiche su cui si fonda l’identità di quelle città e di quei territori. Nel Chiantishire i casolari diventano ville, nel centro delle città le botteghe diventano negozi di souvenir. I piccoli centri come San Gimignano si trasformano in un parco a tema.

    Turismo - tourism 1-min

    QUINTO PARADOSSO: IL TOCCO LETALE.

    Il tocco dell’Unesco è – scrive D’Eramo — letale. Preservando le pietre e gli edifici, l’etichetta di Patrimonio dell’Umanità, anche se attribuita in perfetta buona fede, museifica i luoghi, li sterilizza, costringe gli abitanti all’esodo svuotando i centri urbani.

    SESTO PARADOSSO: IL FALSO È VERITÀ.

    L’inautentico turistico è un autentico (e dunque rimarchevole) segno del nostro tempo. Basti pensare al caso di Lijang, città turistica cinese interamente ricostruita, (oltre 20 milioni di turisti nel 2013). O al caso di Las Vegas. Due insediamenti che raccontano una verità proprio nel loro essere fenomeni del tutto artificiali

    SETTIMO PARADOSSO: FARE IL TURISTA È UN LAVORO DURO.

    Le persone si assumono volontariamente il compito di eseguirlo mentre sono in ferie, cercando di sfruttare con la massima efficacia il poco tempo disponibile. Un dettaglio rivelatore: quelli che dicono “ho fatto il Brasile, l’anno prossimo farò l’Asia centrale”. Che fatica…

    OTTAVO PARADOSSO: “LOCALE” È DAPPERTUTTO.

    Parliamo di gastronomia. Si moltiplicano le sagre enogastronomiche: in Italia sono oltre 34.000, più di quattro a comune. Abbiamo 1515 sagre della polenta e 1040 sagre della salsiccia, 5790 sagre del tartufo, 156 sagre della lumaca e 171 della rana… e si moltiplicano anche i ristoranti etnici, perché i turisti amano gustare di nuovo i sapori incontrati in vacanza. Ma la “cucina etnica” è come la “musica etnica”: ingredienti tradizionali riarrangiati per un pubblico globale.

    NONO PARADOSSO: NESSUN TURISTA VUOLE SENTIRSI TALE.

    Preferisce considerare se stesso un “viaggiatore”, e riversare il proprio disprezzo su qualcun altro che si comporta più “da turista”. La catena del disprezzo classista è forte: lo svago delle masse, che è recentissimo, ha ricevuto dagli intellettuali più critiche in dieci anni di quante il tempo libero degli aristocratici ne abbia ricevute in duemila anni.

    UN VIAGGIO TRA FENOMENI.

    Il testo di Marco D’Eramo è a sua volta un viaggio. Cioè un percorso tra fenomeni, luoghi, idee, dati, idiosincrasie, intuizioni e contraddizioni, e mille storie sorprendenti. Ma, proprio come capita nei viaggi materiali, anche procedendo di pagina in pagina l’autore entra in contatto con prospettive inaspettate e ne esce cambiato. E con lui noi, che l’abbiamo seguito leggendo.

    Turismo - tourism 1-min

    C’È DEL BUONO, TUTTAVIA.

    La chiave del cambiamento di prospettiva sta in una serie di domande semplicissime: …e se il turismo fosse animato dal movente positivo dell’essere curiosi del mondo? E se non si trattasse d’altro che di una pratica di automiglioramento (self improvement) corporeo, emotivo e intellettuale? Del resto, in quale altra occupazione che la renda più felice potrebbe una sterminata massa di esseri umani investire il suo tempo libero? C’è qualcosa di commovente, scrive D’Eramo, nella fiducia che andare a visitare una città, un monumento, un paese possa aprirti la mente, renderti migliore.

    NOSTALGIA, FORSE.

    Eppure, la bistrattata figura del turista forse non durerà per sempre. Potremmo perfino cominciare a coltivare, nei suoi confronti, una specie di nostalgia. Il cambiamento del lavoro, che diventa sempre meno stabile, può cambiare l’idea stessa di “vacanza”. E lo sguardo turistico che cerca il nuovo, l’autentico e l’inaspettato, forse si appannerà dopo aver già visto in rete tutto ciò che merita di essere visto.

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    Written by Annamaria Testa for its own website Nuovo e Utile, teorie e pratiche della creativitá
    (link: www.nuovoeutile.it)

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    Nuovo e Utile is a no profit website about theories and practices about creativity. NeU – Nuovo e Utile aims to increase the awareness about good quality information and tools, useful to think and design with an innovative way. NeU – Nuovo e Utile is useful for professionals, teachers, students, researchers, and those who have a particular interest in the theories and practices of creativity.

    You can read all artichles on website NeU – Nuovo e Utile, theories and practices about creativity.
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  • DESERTIFICAZIONE: 30 CENTIMETRI CHE CAMBIANO TUTTO

    DESERTIFICAZIONE: 30 CENTIMETRI CHE CAMBIANO TUTTO

    DESERTIFICAZIONE: 30 CENTIMETRI CHE CAMBIANO TUTTO.

     La desertificazione fa perdere ad amplissime porzioni di territorio il loro valore economico, estetico, socioculturale e religioso.

    neu nuovo e utile

    é una news di www.nuovoeutile.it

     Anna Luise ha gli occhi azzurri dietro gli occhiali con un tocco di azzurro e lo sguardo franco. È napoletana e, nonostante viva a Roma, quando si accalora il suo accento rotondo viene fuori. È un’esperta di desertificazione e lavora per I’ISPRA (link:www.isprambiente.gov.it).

     Ce l’ho di fronte, la sto intervistando e, facendolo, scopro molte cose che non sapevo.

    Di che cosa si occupa esattamente?

     Mi occupo di lotta alla desertificazione. Che non riguarda, come molti credono, i deserti, ma i territori fertili che perdono la loro produttività biologica e diventano inadeguati a sostenere la vita e a far crescere prodotti agricoli.

    Quali sono le conseguenze?

     La desertificazione fa perdere ad amplissime porzioni di territorio il loro valore economico, estetico, socioculturale e religioso.

    Un territorio può avere un valore religioso?

     Il caso tipico è quello dell’Ayers Rock (link:www.onuitalia.com) in Australia. Ma anche nelle religioni animiste africane molti territori vengono considerati aree sacre e la loro distruzione ha ricadute drammatiche sulle comunità perché ne scardina i valori. Da noi, molti territori hanno grande rilievo non religioso ma socioculturale: se vengono distrutti, l’impatto può risultare ugualmente grave.

    A che cosa serve studiare la desertificazione?

     Dobbiamo capire come conservare l’equilibrio degli ecosistemi. Se questo viene pregiudicato, la qualità della vita di tutti noi peggiora. La desertificazione è provocata da due categorie di fenomeni: gestione non sostenibile del suolo e cambiamenti climatici. Lottare contro la desertificazione vuol dire promuovere pratiche agricole sostenibili, che impediscano per esempio al suolo di compattarsi o di avere tassi di salinità troppo alti e aiutino a tenere sotto controllo l’erosione eolica e idrica: la forza del vento e dell’acqua che dilava lo strato superiore fertile del terreno.

    desertificazione desertification copertina-min

    Cioè, è tutto un problema di suolo troppo duro?

     O troppo duro, o troppo fragile e non coeso. Il suolo reso fertile dai microorganismi è profondo in media trenta centimetri. Se diventa duro come il cemento o se, al contrario, si sgretola e diventa polvere, quando piove, ammesso che piova, non riesce a bagnarsi a sufficienza perché l’acqua, non trattenuta, se ne scivola via. Così il suolo smette di essere produttivo.

    Quindi la sopravvivenza alimentare del genere umano è legata a una buccia di terra della giusta consistenza e profonda trenta centimetri?

     La profondità può variare, ma la media è questa. È abbastanza impressionante. Il suolo è stato definito “la pelle della nostra terra”: è il luogo dove si verificano gli scambi biochimici che permettono alle colture di crescere.

    Quando si è cominciato a parlare di desertificazione, e quando a cercare di contrastarla?

     La desertificazione è un fenomeno lento e non sappiamo bene quando è cominciata. Se ne è parlato per la prima volta nel corso della conferenza di Stoccolma del 1972, che ha lanciato l’idea di sviluppo sostenibile, cioè di equilibrio tra società, economia e ambiente. La prima decisione politicamente importante è stata presa nel 1992 a Rio de Janeiro, con una Convenzione delle Nazioni Unite (UNCCD) (link:www.unccd.int) entrata in vigore nel 1996, fortemente volute dai paesi africani soprattutto dell’area maghrebina e subsahariana per cui la desertificazione è una diretta minaccia alla sopravvivenza. L’Italia ha aderito nel 1997. Oggi aderiscono 198 paesi.

    desertificazione desertification copertina-min

    Quanto pesa globalmente il rischio di desertificazione?

     Diciamo che nel mondo il suolo fertile è il 75% delle terre emerse. Di questo 75%, almeno il 40% è variamente degradato, anche perché inquinato o contaminato, e si trova in gran parte nelle zone aride o semiaride: non stiamo, lo ripeto, parlando di deserti, ma di zone in cui l’acqua c’è ma è scarsa.

     La desertificazione è definita come il livello estremo del degrado del suolo, ed è, insieme al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità, uno dei tre grandi fattori di rischio di rottura dell’equilibrio ecosistemico. E quando si rompe un equilibrio così complesso, mica lo sappiamo quali possono essere le conseguenze: le variabili sono talmente tante che, come si dice in fisica, il sistema diventa caotico e del tutto incontrollabile.

    Qui in Italia abbiamo rischi seri di desertificazione, o possiamo preoccuparci solo del cambiamento climatico?

     Il cambiamento climatico va a esacerbare la desertificazione perché fa crescere le temperature e altera il regime delle acque: teniamo a mente che il Mediterraneo è considerato un “hot spot”, cioè un punto di  particolare intensità dei cambiamenti climatici.
    Circa il 20% del nostro territorio nazionale è già stato riconosciuto come interessato da fenomeni di desertificazione tra il 1961 e il 2000, e un altro 20% è a rischio di desertificazione nel giro dei prossimi venti o trent’anni. Nelle nostre regioni meridionali, ma anche in aree dell’Emilia Romagna, delle Marche o del Molise, i segni di desertificazione sono già visivamente evidenti. E non dimentichiamo che nel suolo “sano” è conservato il carbonio organico.

    …cioè?

     Il suolo contiene il doppio del carbonio che troviamo nell’atmosfera, il triplo di quello che troviamo nei vegetali. Il carbonio viene assorbito dall’atmosfera, il cosiddetto SOC (Soil Organic Carbon)  (link:www.eol.org) potrebbe mitigare i cambiamenti climatici dovuti all’eccesso di emissioni di anidride carbonica sequestrandola. Ma questo avviene, appunto, se il suolo è “sano”, e non eccessivamente sfruttato dall’agricoltura intensiva.

    desertificazione desertification copertina-min

    Come se ne esce?

     Se ne esce facendo ricerca, sperimentazione ed educazione ambientale. Attivando politiche locali, regionali e nazionali: vuol dire, per esempio, razionalizzare l’uso delle risorse idriche, oppure riforestare. Oggi stiamo andando nella direzione dell’agroecologia: un’agricoltura che esercita meno pressione sul suolo impiegando meno fertilizzanti e passando, per esempio, da cinque a due raccolti consecutivi di grano. Tra l’altro, qui in Italia avremmo mille buoni motivi per passare da un’agricoltura di quantità a un’agricoltura di qualità.

    Che cosa può fare un singolo cittadino che si preoccupa per la desertificazione?

     Non dimentichiamo che i singoli individui indirizzano il mercato, per esempio comprando prodotti di stagione e prodotti locali: non pretendere di mangiare i peperoni a Natale è già qualcosa, perché evita che porzioni di territorio vengano coperte da serre, in cui si usano troppi fertilizzanti e il terreno viene super sfruttato e danneggiato. E poi non bisogna stancarsi di fare opera di divulgazione e sensibilizzazione: è quello che stiamo facendo proprio adesso.

    Scritto da Annamaria Testa per il suo sito web Nuovo e Utile, teorie e pratiche della creativitá
    (link:www.nuovoeutile.it)

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    É un progetto di Annamaria Testa
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  • DESERTIFICATION: 30 CENTIMETERS THAT CHANGE EVERYTHING

    DESERTIFICATION: 30 CENTIMETERS THAT CHANGE EVERYTHING

    DESERTIFICATION: 30 CENTIMETERS THAT CHANGE EVERYTHING.

     Desertification makes poor in their economic, aesthetic, social, cultural and religious very wide areas of land.

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    é una news di www.nuovoeutile.it

     Anna Luise has her blue eyes behind her glasses. It is Neapolitan, and despite living in Rome, when she warms up its rounded accent comes out. She is a desertification expert and works for ISPRA (link:www.isprambiente.gov.it).

     I’m in front of her, I’m interviewing her, and doing so I find many things I did not know.

    What do you do exactly?

     I work to combat desertification. Which does not, as many believe, deserts, but fertile territories that lose their biological productivity and become inadequate to sustain life and to grow agricultural products.

    What are the consequences?

     Desertification makes poor very wide areas of land in their economic, aesthetic, social, cultural and religious.

    A territory can have a religious value?

     The typical case is that of Ayers Rock (link:www.onuitalia.com) in Australia. But even in African animist religions, many territories are considered sacred areas, and their destruction has dramatic effects on communities because of its decline in values. From us, many territories have great non-religious but socio-cultural significance: if they are destroyed, the impact can also be equally serious.

    Study desertification, what is it for?

     We need to understand how to maintain the balance of ecosystems. If this is compromised, the quality of life of all of us gets worse. Desertification is caused by two categories of phenomena: uncooperative soil management and climate change. Fighting desertification means promoting sustainable farming practices, preventing, for example, soil compaction or having too high salinity rates and helping to control wind and water erosion: the strength of the wind and water that drains The top fertile soil layer.

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    That is, is the too hard soil the problem?

     Or too hard, or too fragile and not cohesive. The soil made fertile by microorganisms is profound on average thirty centimeters. If it becomes hard as cement or, on the contrary, it crumbles and becomes dust, when it rains, as long as it rains, it can not sufficiently bathe because the water, unresponsive, slips away. So the soil stops being productive.

    So the survival of the human is due to a soil peel of the right texture and thirty inches deep?

     The depth may vary, but the average is this. It’s pretty impressive. Soil has been called “the skin of our land”: it is the place where biochemical exchanges allow crops to grow.

    When did you start talking about desertification, and when to try to counter it?

     Desertification is a slow phenomenon and we do not know well when it’s started. It was first mentioned during the 1972 Stockholm Conference, which launched the idea of sustainable development, that is, of balance between society, the economy and the environment. The first politically important decision was taken in Rio de Janeiro in 1992, with a United Nations Convention (UNCCD) (link:www.unccd.int), which came into force in 1996, strongly supported by African countries, especially in the Maghreb and Sub-Saharan areas, where desertification is a direct threat To survival. Italy joined in 1997. Today, 198 countries join.

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    How do the risk of desertification involve all the world?

     The fertile soil in the world is 75% of the land that has emerged. Of this 75%, at least 40% is degraded, even because it is polluted or contaminated, and is largely found in arid or semiarid areas: we are not, I repeat, speaking of deserts but of areas where water c It is but is poor.

     Desertification is defined as the extreme level of soil degradation, and is, together with climate change and loss of biodiversity, one of the three major risk factors for breaking the ecosystem balance. And when such a complex equilibrium breaks, we do not know what the consequences may be: the variables are so many that, as it is said in physics, the system becomes chaotic and completely uncontrollable.

    Is there a serious risk of desertification in Italy, or can we only worry about climate change?

     Climate change exacerbates desertification because it raises temperatures and alters the water regime: keep in mind that the Mediterranean is considered a “hot spot”, a point of particular intensity of climate change.
    About 20% of our national territory has been recognized as being affected by desertification phenomena between 1961 and 2000 and another 20% is at risk of desertification over the next twenty to thirty years. In our southern regions, but also in areas of Emilia Romagna, Marche or Molise, the signs of desertification are already visually evident. And let’s not forget that organic carbon is preserved in the “healthy” soil.

    …can you explane?

     Soil contains twice as much carbon as there is in the atmosphere, the triple of what we find in plants. Carbon is absorbed by the atmosphere, so-called SOC (Soil Organic Carbon) (link:www.eol.org) could mitigate climate change due to excess carbon dioxide emissions by sequestering it. But this is true if the soil is “healthy” and not overly exploited by intensive agriculture.

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    How can we solve the problem?

     We have to do research, experimentation and environmental education. By activating local, regional and national policies: for example, rationalizing the use of water resources, or reforesting. Today we are heading in the direction of agroecology: agriculture that exerts less pressure on the soil using less fertilizer and passing, for example, from five to two consecutive wheat crops. Among other things, here in Italy we would have a thousand good reasons to move from a quantity of agriculture to quality agriculture.

    What can a single citizen do to take care of desertification?

     Let’s not forget that individual citizens directly lead the market, for example by buying seasonal produce and local products. Do not expect to eat peppers at Christmas is already something, as it avoids covering portions of greenhouses where too many fertilizers are used and The land is superstaken and damaged. And then you do not have to be tired of making divulging and raising awareness: that’s what we are doing right now.

    Written by Annamaria Testa for its own website Nuovo e Utile, teorie e pratiche della creativitá
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